incominciando e finendo

tutto ricomincia
pare, nella mano stretta
non nel rammarico
della nevrosi autoreferente,
peccato duro, sfregio impenitente.
ancora: ogni cosa iniziale, pare
prima o poi finire
e se poi non è comandamento
è per altra genia
da fantasia partorita
riportata sui suoi stessi passi,
rieducata, emancipata.
in tal modo principio
rigenera, bandolo
s’allaccia, sgroviglia,
regola e casualità
riesponendo e permettendo.

paesaggino periferico

matrimoni d’uccelli in circoli
nuovi, cascame di creato, balugine
di piumaggio e terso entusiasmo,
manate incantevoli
di bianco in alto -trafilato
fra stucchevoli antenne
a stento mi trattengo:
pennello, abbozzo, archivio
pretendo troppo
mi trattengo in rivoli
di sussulti e grida-
guardarsi attorno che sfida
illuminarsi balbettando
ritrarsi per l’inganno
protrarsi per l’avvento
tra la fine ed il lieto-
è gioia di vita
tenero fiorito.

fu

scanzonate figure
fanciullesche
sotto i ripiegamenti
degli alberi sempreverdi
dolceamaro ricamare
attorno istantanee remote
foto incubate
illegittime figlie
d’uomini incostanti,
ehi, camminare soltanto-
come vino nuovo
nell’insaziabile intestino-
è fuggevole spargimento di sangue!
tiepida incoscienza
saluto d’antica mano!
e la miopia
una concretezza disturbante
ma anche un assoluto
prostrarsi a superuomini
e ad incidenti
poco accidentali.

stile

conosco personalmente
il mio stile (anche
numerose pagine gialle) e
come un nevrotico
fruitore di corse di cavalli
urlo alla nebbiosa platea
di sordi scommettitori:
ehi, non azzardatevi
a sospender denaro-
storcerete il naso
per un bottino così amaro.

…senza titolo…

ironia della sorte
(e statistica
sua consorte),
la gioventù
si esaurisce
nel cervello,
gioventù
che s’avventa
nei gesti,
veloce
soffoca.
gioventù vorace.

muffa ed handicap

bofonchia
ammorba
dal cielo cade
un’orda:
umidità penetra
eppoi slabbra
incaponisce
nel non donar linfa,
sol gonfiore, buffa
escrescenza.
cielo e cielo:
macchia
muto coro
visione
d’élite
arca
stanca,
chi ti manda
per speranza
è terribile
quanto te,
oltre-
mi sfianca.

(maltagliato)

mento sei un portento:
mobile o fisso
sotto labbra sempre
equidistante dalla gioia
e dal malcontento.

…senza titolo…

estinguo
le mie labbra
sul fuoco-
nero cuore
della palude
del nostro
essere
dolore.

…senza titolo…

non giudice
neppure avvocato
(m’osservo
scrupoloso
allo specchio,
vetro d’anima).
son gemelli:
poliedricità
sconcertante.
e l’imputato?
dentro me
alfine
come giudice
e avvocato.

l’inventarsi stagionale

vuoto odore
fine luglio, ma già agosto
di slancio,
passeri canterini
in balzi sofficissimi
gioiosi pas a deux -vento nuovo
deterge, screma gioia
dal sudore, nella torrida pentola
della città non azzardate ardore
contenete l’impeto, disfate
l’estro; non levate il coperchio-
sfuggono speditamente
desideri ombrosi
sopraffatti da sulfurei calori.

etica ed estetica

rabbercio lesto
il contesto, il soggetto
non è quadrato, è
d’un buio pesto: esser
maghi del contorno
non aiuta né di notte
né di giorno e quando
la cipria inneva lo spirito
tutto, come un cervino,
l’insieme allora, lo spazio,
significato e significante
arti e cuore
confezione ed imballo,
sono un tutto di tutti
non valore, sublime
capolavoro senza piedistallo.

…senza titolo…

nasce in me volgare
non l’istinto dell’altare
ma l’esigenza d’evitare
intrallazzi, relazioni
-per forza di cose- armare.

…senza titolo…

sabbie di voci fanciullesche
glassano tra il gatto urinante e l’olmo
robusta pala d’altare, minareto asessuato,
depositi salini privi di storia
che fiaccano sorrisi e baldoria,
dismetto la religiosità
nella folle e sensata gestualità
perché sono ben a terra
piantato ed esterrefatto
e strafatto del poco fatto, invento
dei sospesi oblunghi farò
diurni e notturne
liriche di progettualità.
la reiterata menzogna
disilluso fiancheggiatore del creato
di fatto paleso.