proveranno (al figlio)

proveranno a spezzarti
come legno al vento
e prima a piegarti
come idea qualsiasi.
odorerai di sudore
e macello. di lavoro
e lenta usura. conterai
le ore del fine turno.
leggerai farlocche
simulazioni di servizi
depopolate ambizioni
delle grande famiglie
vomitevoli usurai.
masticheranno le ossa rotte
della massa di carne
che non vuole ragionare.
insceneranno la morte
e la otterranno.
oppure deraglierai
magnificamente
dal dettato. forse
combinerai qualcosa
di singolare e soddisfacente
per ego e famiglia.
impregnerai il cielo metallico
di linfa dalle folgliedita
rifocillerai il solecervello
con la tua umanità
d’uomo sovrano
parzialmente libero.

al figlio

parole poche. punteggiatura
assente e sguardo aspro.
la sintesi e la brevità
tutto il succo in righe minute..
non vergognarti e trascendi
se capita offendi e sentiti grato
di quel ficcante sguardo.
la nuda parola azzanna.
non farti abbindolare
dal buon gusto e dai santoni
dai baroni e dai coglioni.
non demordere e accenna.
questo direi a te -figlio mio
se per caso bastardo
ti venisse di figliare versi.

figlio

vivo e ciarliero l’amore mio
vitalissimo, ribaldo, spiritato
come fulmine saettante
corridore, miniatura, ululante

non timido pancia scoperchia
la piccola cromatica maglietta
come certe ragazze libertine
lesto presta, ombelico primo

frigna, sgambetta, borbotta
si lamenta, gioisce, di fretta
nella perenne gran festa:
alto un metro o poco più

è la monumentale grand’opera
d’una vita, dolce birbante
ricciolino come tutti dicono,
nulla incólto in casa resta

tutto finisce nella sua cesta.

figlio mio

figlio hai negli occhi stupore
la forza nelle braccia per l’immortalità
d’una pura, candida esistenza

hai purezza e la resistenza
ricci capelli capricciosi
hai questa energia tutta tua
che dimenticherà me
madre, il genealogico, resoconti
senz’operazioni, derisioni

manutenzioni:
figlio mio hai la forza viva
e potente
hai la fronte capace
di sollevar pietre
sotto scovarci splendente
luce d’universo.

diabaram (da “Padre e figlio”*)

notte nel rumore sordo lontano
ombroso del concerto pop o rock o nulla di niente,
cielo stellato caldo sopra
dentro nessuna morale
la televisione accesa
ma il cervello spento,
è imbarazzante. Diabaram
di Sakamoto e N’Dour
cesella l’indicibile
e s’illumina il buio
non di luce di lampione led
-nuovi, appena installati
dai politici
illuminati-
ma di terrena sacralità
atea, operaia. quanto cuore immane
nelle frasi più piccine:
l’insignificante
farà vivere ancora
e di più dirò:
ci farà
sopravvivere
un minuto ancora
sol ciò che serve, appunto.
.
.
.
.
*regia di Pasquale Pozzessere

padre e figlio

ti vorrei dire

talmente tante cose

ad esempio

che va tutto bene:

il pane è buono

la musica è mia fedele compagna

il lavoro c’è

mia madre è forte

vive ancora nella stessa casa

quella che avete diviso per quasi 50 anni

ho il mio amore e

diventerò padre ad agosto

penso che farò come mi hai detto

perché già penso come avevi cercato

non c’è rancore

non c’è nessun sospeso

se non la tua assenza

spero d’essere più o meno come te

forte calmo intelligente

di non sbagliare molto

ma d’essere felice molto

con discrezione

te lo volevo dire

con quei versi che ti facevo leggere

con tanti verbi

infinito per infinito

semplicemente

non è solo sintesi

è anche tanta

tanta ammirazione.