giorno sparato

il giorno è un’apoteosi
di cristi che camminano sulle pozze
appena piovuto
qualche spruzzo qua e là
per sembrare umido
ed è un giugno al fresco
persino al verde
ecosostenibile.
abito solitamente qui
tra un gatto in calore
e una lucertola
a cui piacciono gli ottomila
e sfila con una lingua quasi prensile
ed una coda quasi agile.
essere primordi
è questa bocca allappata
è questo scendere dai piani alti
e trovarsi in basso
schivare l’asso: la partita
non è tua e non si vince.
si partecipa ed è già un’impresa.
il baro è escluso ed illuso
evidente il conflitto d’interesse
pregate per me
voi che avete il salario fresco
voi che non perdete tempo
ed andate col ritmo
della colonna sonora diffusa
la sera mettete le pantofole
e dedicatemi un pensiero.
ve ne sarò fiero.

un giorno dopo l’altro

un giorno e dopo un altro
come un ammasso
carta forbice sasso
scelgo il silenzio
scelgo le voci
che sciolgono il cielo
nel miasma di cuori asciutti
che non interferiscono
con rotazione e rivoluzione
l’iperbole e la noia
lo stacco il piano sequenza
la gita il solito tour
un giorno dopo l’altro
un giorno dopo l’altro

operaio e giorno di sale

l’operaio il giorno di sole
pensa alla pressa che schiaccia
al tornio che intacca
guarda su guarda su
e vede polvere e gas
nuvole e nuvole
odora l’olio e schiuma d’emulsione
vede il sole della fusione
la luce violenta dei neon
il carico delle ore
il sudore è il suo fiume
malattia del salario
è incazzato l’operaio
giovane e vecchio
s’osservano uno di fronte all’altro
e non si capiscono
di mezzo c’è un vetro
e una fiamma fredda
pagine ingiallite
il piede di porco
il tavolo impolverato
un tempo c’è stato
un collegamento
ora c’è una frattura
come in natura
quando si separano e svaniscono nel rumore
le cose implose
il giovane brandisce la chiave inglese
ricomincia da capo
il vecchio se ne torna casa.
domani è un giorno d’inverno
potrebbe non accendersi la luce
potrebbe essere necessario
non muoversi da casa.

giorno

la città magra e secca
(nato io nella notte
di un sabato senza vestiti
spoglio come un eremita
alla prima lezione)
nascono piante negli interstizi
c’è la possibilità non remota
che il sole riempia tutto
ed il suo contrario
come in una lamiera cromata
la luce esplosiva e urticante
esterrefatto il manto d’erba
ricalibrato sull’uomo-
tutto è sintetico e miniaturizzato
scendiamo per primi sempre
e non lasci la strada: la vecchia
il giorno precedente
come un mito sgonfio
ammoderniamo casa
e mobili ma senza
frattura insanabile.
non si stacca la spina
così facilmente.
pensate alla vita
pensate alla vita.
questo giorno è un latrato
di musica spietata e brutta.

giorno di pioggia

il giorno è di pioggia
il cielo s’incurva
in nuvole e pace
io ti credo e affermo
che il silenzio ci cinge
e neppure un respiro.
nessun fiore guaisce
il tempo inveisce
tra un attimo e l’altro
ci troviamo soli.

il giorno è un animale

il giorno è un animale sociale
che si scioglie sotto al sole
d’estate. al mio posto
qualche riga d’anagrafe
forse un giorno una pensione.
un fascicolo d’analisi
due timbri una previsione
attualissima d’oblio.
si preannuncia distanziamento
ulteriore: stringe ancora le maglie
della rugginosa catena.

nuovo giorno a braccia conserte

il giorno è lungo come le sue 24 ore
il tempo non è più l’inganno della produzione
non ha il fiato corto della frenesia
della macchina, della meccanica
claustrofobica serialità dinamica. soffia il vento
settembrino e la serenità del primo
pomeriggio è un premio piccino come i brusii
dei vicini al sicuro, con l’assegno della pensione
puntuale, il dialetto pacato, il pranzo che si fredda, il cane
che importuna l’uscio legnoso della cucina. allora
l’uomo si fa alcune domande senza risposte
dialogando col frigorifero e le posate fredde
non stancandosi mai della leggera brezza e degli schiamazzi
dei bimbi, tutto il resto che conta ed è un pò di più
o un pò di meno. si basta. origlia, appoggiato al muro secco
concedetegli l’appartenenza ai mattoni ed all’intonaco
non è né stremato né affranto, ha solo
tutto questo tempo per sé
per il sole, il cielo, il vestito buono
la domenica di tutti i giorni. tutto il tempo
per non fare niente.

*

quando in cielo non c’è, allora
il sole si carica d’emozione:
tornerà quel giorno, quel tepore.
nemmeno possono restare fredde
le ore: quanto luminosa
sulla terra la promessa radiosa
anche nell’inverno che viene.

il giorno libero è andato

capita di essere sopraffatto dalla paura
accendersi alle cinque del mattino come non aver mai dormito
senza aver ma sentito il cicaleccio gioioso
degli uccelli svegli prima della sveglia del mondo
accorgersi lentamente di essere vigili e forse reattivi
con la mascella bloccata su un ghigno sotto tono
come la voce afona e non tridimensionale del telegiornale
capita – come dicevo- di non essere preparati ed arrancare
come un rotolo di sterco appallottolato dallo scarabeo stercorario
invece rotolare pesanti pesanti come cemento disarmato
ma il giorno è così vicino e le stelle così lontane
vi prego, non svegliatemi più a quest’ora: è il mio giorno libero
e non sopporto le interruzioni fuori programma
ed avrò tutto il giorno nuovo un’espressione
tra la meraviglia e la cocciutaggine e non mi crederanno sobrio
disattento e noncurante
e lo sarò sicuramente, alla faccia dei benpensanti
dei colti, dimostrerò la mia intelligenza cinica
la mia disumanità spicciola, insicura
mi malediranno, ma creerò il mio mondo
alla faccia di tutti gli antenati e dei loro padri morti e sepolti
come piante perenni da esterno rifiorenti.

giorno di notte

col vaso d’eco il fiore secca

voci scompaiono nuovamente

come stanotte nebbia

si chiama dormiveglia

col sudore, rughe, a terra

bianchi capelli.

e viene cielo,

che non solo agli occhi miei

basta.

tempo al tempo non rimane tempo

tempo svuota
cancella al dunque
croste, batoste
giravolte. l’oltre
-mani, cravatta
piani. tutti gli inciampi
i dolori. tempo
castighi memorie
e fandonie, tremori. mi chiami
all’appello, senza nome, giorno
per giorno -mi serve
l’ombrello, so soltanto
quello: ti faccio
da sfondo,
come al camposanto
freddo tufo traforato.
ecco l’immondo:
dimenticarsi
persino di dimenticarmi.