dormiveglia senza sveglia

dolce, dolcissimo far niente
lo giudica male la società:
controproducente. ma
oltre il sole che albeggia
e poco, poco altro, nel palmo
non c’è di più.
perciò non m’ alzo-
acèdia come la casa sulla cascata
a sbalzo-
e quando m’innalzerò
sarò scalzo.
pigrizia bella
nel futuribile balzo
m’hai preso al lazzo.

opposti complementari, beatitudini

la tua necessità d’eternità
ammirevole.
peccato sia finita
anch’essa:
così esercitiamo
nello sfinimento
sotto al sole del campo di grano,
un rovo.

non luogo

l’approdo non c’è, è un non luogo.
piuttosto una marcia lenta: a volte
sfianca, a tratti esalta, a volte bianco
o meglio trasparente. come niente.

esser più vivo

chiusi pugni, assetati di coscienza
nell’acidula frontiera dell’imperizia:
rovello che non esplode brillando
cresce negli ampi margini
negli interstizi dei farò, ci penserò-
implode desautorando.
nelle strette crederò poi così d’esser più vivo
vegeto. tamponando.

riavvicinamenti

nel cuore il tuo buonumore,
caro. la tua identità frivola
e casereccia, il tuo sembrare
semplice anche quando il creato
screpola di sconfitta. tutt’intorno
il vento sperpera foglie
caduche. t’avvicini nel mentre
ti lambisce il maelstrom
e ciò è già a parte autonoma
stagione nuova.

reale finzione

taccio e mento:
realtà sbracata
non magica
calunnia fradicia-
deriva etica.
reiterata tensione:
io conosco l’insabbiatura
dei fatti, la pulsione
degli stati – il pericolo
dell’oblio
sta nel fondo dell’occhio vigile,
nei tenui passi felpati
inauditi. accanto
all’ultimo libro
non letto,
impolverato.
e all’ultima vana
statura.

opposti estremismi

basterebbe così poco
per vivere tanto.
non v’è luce al largo:
lontano il faro
lontano il centro
fuori la scena
la mano trema.
invece
spiaggiato sul lato
troppo vicino
così dentro
per l’insieme:
non v’è respiro ampio
elegante cavata.
nel mezzo
possibilità a ventaglio,
manierismi, colpi
di genio, eleganti sofismi
slanci, pinzillacchere,
battimenti… pentimenti.
basterebbe
così
poco.

legami potenti

c’è la bruta forza muscolare
che spiana la strada ai sentimenti
ed una forza molecolare ch’allontana
e attrae a seconda che il fiore del tuo viso
sia ambra o inchiostro nero d’infuocato polpo.
questa natura magnetica che studia
i movimenti, li appiana come un magistrale
mattarello d’azdora, li amplifica come un corno da caccia
intonante cuciture e legami chimici furenti, milioni.
così la rete tra simili fa come la spugna e la lamina:
si stende, diviene silenziosa, discreta
ma violenta, mutua reale realtà intramolecolare.

anticipazioni verdi

ascoltando jazz trio -nella stanza
siamo così numerosi di pensiero-
anticipa la primavera la creanza:
il sentire viene prima del divenire.

non finito

all’incontrario
disegno l’incontro -memorandum d’occhi-
inchiostro come notte nero, perpetuo cielo
e pensiero snello. che posso rifarlo – gesto,
riaverti ogni volta per non risentirmi sola
carta del mazzo. ed ogni volta li ricavo
dal pieno i tuoi gesti, come non finito
michelangiolesco. perfetto infinito.

svestizione

cielo panna uniforme, ostico
ingraziarselo facendo il poeta,
blaterando significati, lirico.
il segreto non è mai stato
così svelato, né onirico.

tempo, spazio. tanto, poco.

tutto il tempo
spazio poco-
a zonzo
senza scopo
non vedendo
arrivarci a nuoto,
tuoi ricci disegnati
a fuoco lento-
memorizzando.
poco tempo
tutto lo spazio-
stringerti e stringerti
lasciando il peso franco
delle mie mani
sul tuo viso infinito
non vissuto.
che l’odore
non rimane
tra le onde
profonde.
sprofonda.