bebè

la quintessenza della felicità sono nella fanciullezza
le attese sotto l’albero natalizio ed il latte nel biberon caldo
e l’inconsapevolezza. la creatura instaura un rapporto vocale
si smarrisce: la nostalgia del vivere autentico  per sempre perduta
nel tergiversare delle convenzioni, tumori d’un sano organismo.

testosterone

nella notte scava il pensiero ed il ricordo.
il giorno non schiarirà, è possibile.
allora ci sarà l’azione ed il tormento fisico:
il tremore dei muscoli nell’accettazione di sé.

chiacchiericcio bestiale

mai così tanti cellulari, computer, palmari
mai così tante inutili parole abbandonate a se stesse
come bimbi alla porta urlanti e sgraziati (scherzetto o scherzetto?)
preferisco il silenzio, preferisco l’intimo sgusciato cuore.
malcelato ogni sentire se troppe astrusità lo vanno a tornire.

parsimonia di giubilo

dietro la luce c’è condanna
dietro al pulsare c’è arrendevolezza
piano piano piano si leva e si giunge
quando non c’è più sole
ma comunque ad una struttura che sia.

trepidante disattesa

non mi chiami mai per un motivo pratico
soltanto per mancanza. mancanza di idee e spirito
e qualche goccia di nostalgia. ma la goccia
evapora ed esala: condensa diviene
e tutte le mosse lì, caotiche sul vetro
ma invisibili le nebbie, ruotano su se stesse.

candida animosità

l’anima candida scade

come il burro nel frigo

ma mai e poi mai si getta:

men che meno si rigetta: l’anima

è fiaccola e deambula:

cosa farebbe luce nell’osceno

peccato? se non ci fosse

davvero avremmo poi significato?

nessuno dei due ha senso

così siamo privati del consenso

spariamo a raffica senza permesso

il fosco gesto dell’ossesso.

brezza

tendenzialmente sono buono
anche se a volte sono indifferente
disattento al colore ed ai sottovasi.
la pianta sovrasta sempre e fiorisce magari
ma profonde e solide le radici
debbono ascoltare il vento
e mai ritrarsi.

toccami piano piano

toccami piano con le labbra
soprattutto pensami come idea
senza trucco. non c`è miglior essenza
come quella indescrivibile e anche palese:
con rughe, macchie e naturalmente
abrasioni.

bimbo bello

il bimbo starnutisce senza la mano davanti alla bocca umida
è tutto nuovo il suo sentire
è re di tutta l’esistenza
fa cervello e cuore.
diavolo d’una natura:
sembra tutto così semplice.

parsifal

dietro lo specchio un viso
dietro il viso uno strano interludio:
lo spettacolo tace e urla
non c’è tonalità: la tonica è dominata
la dominante anch’essa.
c’è chiarore solo all’alba e nei vespri:
ci camminiamo sopra come spettri.

trallallero

lo status nella modernità

è ben più importante dello stato:

così pistole, bullismo, fascismo

prevaricazione, sono nuova modernizzazione

mentre l’ eccesso di partecipazione

è mera illusione, carota per l’asino disinformato

o pre infornato nella Nato.

ogni cosa ha la sua nemesi nell’antitesi

e qui se la sono già comprata la tesi

con la democrazia vuota

come una teoria idiota.

dove te ne vai?

per sempre non si ripete
la fiamma, termina il combustibile
o il comburente: sfacciata solitudine dell’eterno
non mi comprendi. come l’amaro
dopo un incredibile pasto lussurioso
vivrà di me solo un ricordo, forse.
o l’idea di quello, in un ricciolo
del figlio o nella perdizione
della luce sghemba tra le tenere verdi
del quadrifoglio e nella postura lenta
di una roccia debole e casereccia. franano le eterne
cimata l’illusione, tutto termina
come questo verso senza punto

accogliermi

scrivo poesie (peccato grave)

soprattutto quando l’oscurità s’impossessa della bocca

e non resta che masticare il vuoto.

invece di giorno sono rispettabile: faccio l’operaio dalle nove alle diciotto

un’ora di pausa pranzo e nessuna soddisfazione

lo faccio per pagare le bollette e definirmi persona rispettabile

buon contribuente, onesto, mansueto, desueto.

sono diventato padre per scriverne e mi sono accorto

che la solitudine non fa poi così male e che ogni tipo di classificazione

è energia sprecata, disincanto di un’ugola stonata e apprensione.

scrivo con le mani callose e lo spirito pesante sulla schiena:

quello che mi chiede di spingermi ancora più dentro

a testa bassa, reni crepate e doloranti

e tutto il sorriso dolce delle persone buone,

o che sembrano: la sincerità paga, stringe i denti, marcia.

sono figlio dei miei tempi: di sola poesia si muore

e non sapei che fare altrimenti

se non mostrare i denti.

miopie e varie ed eventuali

si dovrebbe guardare sempre il mare

con gli occhi degli altri: i propri

spesso sono chiusi nella sabbia

brancolano di miopia. verranno

giorni con difetti diversi e ci sarà

solo la pratica ad ingentilirli

non l’arroganza.