è un giorno

è un giorno come un altro
che ha un cielo come un altro
una nebbia su un sole come un altro
i miei pensieri una routine
nel silenzio del non fare
mi chiedo i perché e i quando
poi forse arriva il dove
i conti li faremo domani
senza rimpianto
è un giorno come un altro
che ha un significato come un altro
le poche stesse persone
che hanno un senso
ne riempiono all’orlo la parola
e non resta niente di più
e niente di meno
come nella lista della spesa.
è un giorno come un altro
chiuso in casa a farne il canto.

sei stato

sei stato quel che sei stato
tra l’acciaio e la polvere
tra il governo ed il governabile
tra la regola e l’eccezione.
ti chiederai se vi sono altre vie
possibilità di un arrivo
di un viaggio o di una riva.
ti chiederai se altri uomini
hanno un torso d’umanità
se la macchina prevale
se il cielo è contenuto
se l’anima ha una chance.
tutto misurabile e definito
oppure remoto e astratto.
tutto descritto nel dna
infranto dalle parole
e tradito dall’ego.
tutto irradiato come energia
che trascende ed illumina.
sei stato quel che sei stato
tutto risuona e rimanda
ogni cosa sfuma e s’esalta
ed è quest’altalena gloriosa
ed avvilente che dà forse
nuovo impulso.

poeti

i poeti non hanno mai salvato il mondo
non hanno fermato conflitti
né trasformato l’acqua in vino
il poeta non è sovrannaturale
né virale. i poeti non sono coraggiosi
né particolarmente intelligenti
seguono spesso il corso
sono il serpente che non ha morso.
eppure li leggiamo con curiosità
ed infinita rassegnazione:
i poeti non fanno messa
troverai la loro casa dismessa
giornali vecchi alle pareti
vetri fumé e parole essiccate
appese in cucina come aringhe
sulla tavola come un pasto non regalato.

la sera è un approdo spento
le fabbriche chiuse per le feste
i comignoli d’acciaio lucente
nel raggio tagliente dell’inverno mite.
gli occhi nelle strade rimbalzano
di luce in luce come un obbiettivo
che non trova quiete. gli amici
sono vecchi e lo fanno con me
cercano di ricordarsi una meta:
metà comica metà tragedia.
cercano un’immortalità
che non ci è data.

sono sterile
emaciato
la poesia è evaporata
m’ha abbandonato
( tu dirai: bene
fai solo quel che sai fare)
sono un uomo
sono un operaio
sono un padre
sono me stesso
al cento per cento
ho votato. c’ho creduto
alla sinistra al popolo
alla coscienza di classe.
eppure gli anni passano
nelle mani resta poco
e al mattino
allo specchio
vedo il tempo.
ho vissuto la distopia
la mia guerra
folle e sanguinaria
ho visto colleghi
credere alla superstizione
padroni discriminarmi
come un malato grave
un folle terminale.
sono ancora qua
testardo e immortale.

ma è eterno il passaggio
di fiore in fiore
il gettarsi anima e corpo
diritto e storto
tra le anime e le fratture
della materia arsa
della materia inseminata
tra i tempi e le forme
la magia che li confonde.
anima è quest’eterno
sua fiamma e incerto.
corpo è sudario
e densa pittura.

consuetudine una certa rettitudine
lava i panni sporchi in privato
estrai dal grasso lurido d’officina
una sorta d’anima presentabile o carina

la giornata di sole ed ossa stanche
la festività ti raggiunge e colora
la sciatta rappresentazione. la stanca
esercitazione dei giorni affilati

e oberati. operati gli occhi vivrai meglio
nel rosa statale del mondo novello
innamorato e spogliato dei tuoi averi
interessato soprattutto al venerdì sera

alla tua partita. al cellulare. al sesso
selvaggio e irresponsabile. poi sabato
e domenica. l’assoluto cameo
dell’esistere tra corpi estranei.

svanisce nell’aria la parola
col fiato corto del tempo
la manica stretta della comprensione
quell’aria a ragione d’inferiore
alla terra al cielo al fiore.
calco la mano nell’aria gelida
mi prescrivo antibiotici
passione ancora e buona volontà
e qualche altro strumento:
la materia s’infeltrisce e si rinnova
glissa agli acuti scende all’inferno
dove suoni e visioni si sprecano
nel gioco delle quattro stagioni.
rimbalza in nuvole ed io
come un bambino ci vedo
tutto e niente. come vivere.
avanziamo lentamente
tra acque scure e nebbia
urti la roccia come acqua
di torrente che scema

accetti parole d’ombra
scatti d’ira e saliscendi.
incute timore l’incedere
a tentoni e la scommessa.

oppure tramuti l’acqua in vino
la felicità de visu. il torpore
in azione e la rabbia in amore
risentimento che stringe.

eppure avanziamo lentamente
tra acque scure e nebbia
roulette russa ed avvertimenti
assopiti e incoscienti.

se dio c’è non ha chiavi
se il medico tenta
se la parola conta
se il filosofo inscena.

squaglia

la neve poca squaglia
in ghiaccio secco come napalm
sugli alberi indocinesi.
la guerra dentro non esce
oppure gli occhi non gridano
le idiosincrasie non figliano.
in attesa del corriere
spaccio libertà consumando.
solo col freddo delle parole
solo col cielo freddo
ma poi non è vero
è solo malinconia.

a comando

fanno piazza a comando
urlano slogan prefabbricati
escono allo scoperto
uno due tre via
coi padroni del discorso.
non vogliono pensieri
non sono guerrieri
s´annoiano i fine settimana
s´annoiano giustamente
durante la produzione:
l´industria ha ritmi
non sanguigni
lo schiavo in fondo
è felice d’esserlo.
io nel mio inferno
vivo e vegeto
loro vomitano
il loro assenso.

le parole non finiscono?

le parole finiscono un giorno
tra i vespri ed il plenilunio
e poi rinascono tra il lucernario
ed il vespasiano incontrollate
beate come sogni armi accette
suffragette. eteree come incertezze
empatiche come vipere e estranee
come donne lunatiche.
i veri giorni oscuri
sono i puntini intermedi
tra un lemma e un dilemma:
è punto esclamativo o interrogativo?
è scarno o grasso? è buono o cattivo?
le parole dovrebbero finire
se il giorno è un senso
che non puoi afferrare
con mano prosciugata.
oppure quando il cielo è terso
e l´ingollato sorso d’acqua
va di traverso.

passaggi

mi son avvolto nella cronaca
nella distopia perché penso tanto
penso troppo dalle otto
alle diciotto nelle ore pari
in quelle dispari e nei secondi
che tra quelle solfeggiano
di tempi distanti. potrei tentare
di lavarmi dell`orrore della stagnazione
ma ci sará sempre un popolo bue
che accetta la morte certa
non fa nulla per la sua rivoluzione
fa i salti di gioia nella noia
ognun per sé e dio per nessuno.
potrei esser piú volatile
nell´orbita bassa fotografo
del mio omologo che falcia grano
e fantasie futili. eppure il segreto
di qualsiasi ordine e grado
é stare tra serio e faceto.
scivolando sul vetro
senza romperlo.