non si rinasce

non si rinasce
mettete il cuore in formalina
perdete ogni speranza
voi che sognate
e mettete briciole
sul davanzale
e scrivete frasi da catechismo
su totem al sole d`agosto.
il giro di giostra è in solitario
è una rompighiaccio al polo
un neutrone che trapassa materia e spazio.
inevitabilmente tutto scema
l`ultima settimana di un anno
meraviglioso e bastardo.

insaccati a buon prezzo

in arizona han donato
i propri cari alla ricerca
teste e gambe si son persi
alcune inversioni
cucite a mani nude
occhi e orecchie
come saprebbe
fare mengele.
la scienza si fonde
al mercato dell’usato:
medici e proprietari di corpi
andranno a braccetto
e la finestra d’overton
avrà tutto a tempo debito
certificato: si parte dai bimbi
li si tolgono a mamma e papà
s’allevano e li si consumano
come una vite, un bullone
un pacchetto di patatine.

la magia

la magia chi se l’è
portata via? cresciuta
senz`obbiettivo
andamento schivo
portamenti fiero
d`inettitudine foriero
la irreale magia
s’è spenta come
fiamma pilota
è andata via, in silenzio
senza avvistamento
nero sole di lunga notte.
chi se l’è portata via
la magia? la polizia
la goliardia. l’inedia
di strani guerrieri
nel buio. addio
mio dio. io resto io.
e mio.

*

sono stupido ed interessante
ho esalato l’ultimo respiro
mentre facevo la lavatrice
ho ascoltato il sole
accecato dal mio cervello.
il mio film è un’opera
di rossellini o uno di de sica
prima del panno verde.
sono ottimista se altri lo sono
sono un pezzo di merda
se me lo consentono.
tecnico da sempre
smontavo le radio della nonna
colme di componenti discreti
al germanio, suono pastoso
per audiofilo schifiltoso.
prendevo i fiori e li lasciavo al sole
facevo loro da sciarpa
e li abbandonavo.
cinico aratore.

rapporti consenzienti

son malanni dopo anni
i rapporti consenzienti
intercapedini drogate
d`una vita frettolosa
senza senso fatta di tempo
per il lavoro la colazione
il pranzo la cena e il sonno
dopo alcune ore d’avvilente
televisione. riassunto
d’un giorno qualunque
uno dei tanti affastellati
con progetti ai lati divorati
ticchettio inesorabile.

carne sfumata

————————–a O’ Ren Niad Adeiel e Jim

siamo nati stanchi, ma larghi abbastanza
per compenetrarci e smembrarci in urla soffocate.

l’aureola insalivata è privata della sua santità.
il mio inguine un cane affamato, latra. avanzo.

piacere di farti venire. con la mano ricamo il grilletto.
stancamente intrappolati dalle parole. frenulo tutto.

viene un cielo grigio autunnale. io riverso e poetizzo.
ti sto ora sul fianco. un lato gelato. tutto il resto

carne viva e calda a sufficienza per una reazione
di risucchio. fradicia cappella. sudore di ritorno.

mi piace il tuo cuore. anche se preferisco
la carne che sta attorno. vicini ficcanaso. voyeur. paysans.

la tapparella mi richiama all’ordine: vengo.

*

quando piove
dopo giorni di 38 gradi
è una festa
ed io sognante.
come un bambino sorrido
e ti guardo superficiale
uscire. te ne vai al lavoro.
e non me ne frega un tubo
dei villeggianti assetati
che hanno pagato uno stipendio
per un ombrellone storto
e una pisciata.
non sono più incazzato
col mondo
sono rassegnato.
un uomo a metà vita
può prendersi in giro
quietarsi di domenica senza cicale.

*

———————————ad a. i., ancora

probabilmente mi squadri
sospettosa
ma non sai
sei notte di china
chiaroveggenza di tratto
ma non hai l’aratura profonda
che porta consiglio
comprensibile
non ai più
ma a chi ti chiede
per biologia
per anagrafe.
sei strada giovane
e marchio d’emozione
hai quei capelli
che circondano
quei tattoo che ti costringono
costi quel che costi.
quella voce registrata
amata più che compresa.
e volevi consolarti
e spiegarti
forse dirimendoti.
parevi più che donna
spirito e confusa esistenza.
apparivi come luce nuova
e escoriazione. precisa
ma delicata
soffusamente confusa.
hai l’arenato sulla spiaggia
qualche paglia bruciata
sulla barca.
ed il tratto delle parole
quella sintesi che ami
ma che è scarica
ogni sillaba.
sei forte e giovane
mai arenata
pulsata di fare
pulsata di gioia.
ora ami.
che sia frutto
nel tuo viso.
nel tuo viso
dolce di gioventù.

*

psicologi non psicologi
hanno creato dolore
hanno fatto l’errore
d’essere dio in terra
la parte giusta
di uno schiacciasassi
che fa le strade
della società
che non vuole riconoscere
gli errori e i misfatti
hanno appiccicato sentenze
dove c’era quieta umanità
gli specialisti sono i nuovi dittatori
stampano sentenze
nelle bacheche comunali
chi ricorderà i morti
le facce indifese
i bei visi buoni
le urla nelle camere
chi farà sembrare di nuovo
i corpi assolti
dopo l’oblio della fine?

senza senso

sono un cazzone qualsiasi
stipendiato da un privato rabbino
che scrive versi d’occasione
sento le foglie nel vento
sento il nulla del vicinato
l’umidità d’un pianto
son tutti scappati
da una città disumana
che strige i denti
e squama
il nonno che mi sta vicino
l’han portato via con la barella
e io non sapevo che dire
e che fare
lo sentivo indicare
ed aspettare
ho pensato ai miei nonni
morti soli in ospedale
a mio padre rinsecchito
sul letto di casa
(che fortuna morire nelle lenzuola di casa)
la città d’estate è una puttana insapore
spregevole e disumana
il caldo avapora d’umanità
e calore.
sono nato per descrivervi
il male ed il vuoto.
sono nato
per raccontarvi il nulla.
la città d’estate è la mia casa.

ubriaco

sono ubriaco
7 pinte di harp strong
doppio malto d’irlandese straordinario
e ora sono triste per rutger hauer
l’ho amato nella leggenda del santo bevitore
e nell’amore e nel sangue
ho letto dei versi di anila
che mi hanno fatto sentire bene
e sembrava piovesse
poi la temperatura si è abbassata
ed io ho goduto come non mai
sono semplice
una persona banale
che ogni tanto ha bisogno di una carezza
e di un quadro di caravaggio
appeso alla parete (grazie montanari su rai 5).
oggi esagererò
oggi scriverò
e amerò
e nel silenzio
lontane frugali cicale
sotto le nubi nere e grigie
scriverò di un amore
e della bellezza.
sono vivo
e vi amo tutti
a mio modo.

*

(poesia scritta di getto come tirare lo sciacquone)

la bicicletta spedita
fulminea saetta
sulla pista ciclabile
la città disabitata
abitata da casi disumani
turisti necrofili
negri spacciatori in bici
col cappellino da yankee
pakistani ubriaki di nulla
abbiamo il mondo ai nostri piedi
il mondo è nostro
il mondo è nostro
ho fame del mondo
sono il mondo
sono il mondo
ho abitato le strisce pedonali
i passaggi e le stragi di vuoto
sono lo scolo dei grassi del pub
il manico di scopa dei portici pisciati
i rifiuti la raccolta indifferenziata
abito tutti quei mondi
che in televisione non vanno
abbiamo 2400 miliardi di debiti
siamo spacciati
ma possiamo ancora
coltivare l’orto
e fingerci umani.

*

—————————————————-ad A. R.

a volte hai l’inconsistenza dell’ossigeno
il luccichio del ghiaccio artico
la sollevazione della terra
sopra la radice d’albero
il ruggito della moka
la tracotanza del fiume in piena
la forte lena dell’asino
la spiccata loquacità del passero
l’accecante luce dell’improvvisazione
t’osservo come lo scienziato
osserva il particolato
sono innamorato?
nel caso ho due spalle forti
per prenderti la mano
tenderti al sole
per vederlo meglio
il luccichio.

oggi sono stato pigro

oggi sono stato pigro
nemmeno lo spazzolino
ho riposto nel comodino.
ho inventato di sana pianta
impegni e appuntamenti.
avrei voluto esser dappertutto
andando da nessuna parte.
avevo sete e non ho bevuto.
ho mangiato della pasta al forno
del giorno prima, cucinata da me
perché sapevo che sarei stato pigro
così pigro da scriverla la pigrizia.
e se sono stato bravo un minimo
l’ho resa eccitante. sono rimasto fermo
ma convulsamente, come una particella
d’acqua che vibra. son soddisfazioni.

la gente non è quel che sembra

non è mai quel che appare
la gente
la gente è buona
comprensiva ed includente
la gente piace alla gente
lavora dieci ore al dì
per la famiglia, fa grandi
sacrifici negli uffici
oppure si sveglia alle quattro
per pulirli
va a lavoro in bici
e risparmia fino all’ultimo
centesimo perché
non vuole più l’affitto
vuole la proprietà
lasciando ai figli
qualcosa di tangibile
l’eredità ed il debito
la gente com’è brava
ligia al dovere
poco al piacere
si sveglia presto
prende un treno
oppure la macchina
e resta all’interno
delle gabbie d’acciaio per ore e ore
perché si deve guadagnare il pane
eppoi al sabato
nei tabaccai
a sputtanarsi la pensione
vedi la brava gente invecchiata
come è cambiata, s’è trasformata.

esofago caldo

l’esofagite non è gastrite
è un tubo che si surriscalda
in prossimità del cardias
è pigrizia ed insane abitudini
culinarie. un lavoro sedentario
abitudini sedimentate. così
il gastroenterologo di grido
sgridò me, paziente sin troppo
mansueto più del consueto
remissivo più che combattivo.
e la cucina della grassa
non aiuta: intingoli e lipidi
arrovellano ben bene il bandolo
della matassa. si procede quindi
ad un porno esame invasivo
che spaventa anche senza avviarlo
un esame che mette in mostra
l’internato -cavità, strade e cunicoli
una fellatio contromano.
dopodiché viene prelevato
un’inezia d’epiteliato. poi
un istologico e una biopsia
logico che un po’ ti caghi addosso
è la peste del secolo mica
un prolasso. così stranamente
sereno tornavo dall’ospedale
un poco frastornato
come se fossi di nuovo nato
senza un parto. non ci pensavo.
è poi raccontarvelo l’importantissimo.

*

l’urlo dei fiori è nelle crepe dei prati
senti laggiù il salmo della puttana
prende servizio arrivando in strada
dopo una corsetta senza biglietto
sul primo autobus sciolto. senti la sabbia
calda penetrarti nei tratti, sei rovente
e pasticciato, non vai mai punto e
a capo. sei un nostalgico di lucciole
un cuore ingrato del mondo cittadino
straziato e avvolgente come un pugno
nei coglioni. e le selvagge reazioni
dovute alla pazzia di una tiroide
bombardata dagli anni ’80 del ‘900
bombardata d’odio 131.

*

certi sguardi un tempo
avevano il mare dentro.
fuori oggi gli occhi tuoi
sono un contratto a termine
il vecchio che muore sotto al sole
perché la cultura paga
e un salario minimo
stracciato sotto l`abitato.
soffoca il gran calore
ma l`operaio non si può fermare
ha larghe spalle
non potrà vincere.

al pub il diavolo fa le pentole

stiamo tutti in tondo
alla tavola rotonda
senza lancillotto
e senza le spade per difenderci
e si parla del negro
ex presidente della nazione più potete del mondo
(cazzo e tutti (o quasi) a pensare  che non si dice negro
è una brutta parola razzista
da kkk e fascisti nazisti rossobruni capre ignoranti maledetti belzebù
ma si dovrebbe dire
uomo di colore
3 parole che mi stanno sulle palle
tipo –mettete voi a turno la vostra parola odiata preferita-)
quello che ha avuto il nobel per la pece
e ha fatto più guerre di nixon, reagan e clinton messi assieme
ma è tanto amato e dalla parte giusta
alla quarta quinta pinta d`harp strong esplodono i fuochi d’artificio
(affanculo la sbobba non filtrata artigianale biologica eterologa
una sbobba pisciata incolore insapore pisciata pisciata pisciata!)
i sorrisi sono amplificati
i gesti esagerati tipo carrey jim
le vocali traslate come gasate d’elio docet
le pacche sulle spalle, le paglie accese a ruota (io no)
i maschi godono
è il fine settimana
il lavoro è dimenticato
come in una sublime parentesi felice
tipo film capra
tutti assieme noiosamente, amatevi
e basta con le cazzate. e ridete molto.
siate inclusivi. non siate razzisti.
viva le quote rosa. votate i progressisti.
dopodomani è lunedì. porca puttana.

*

ci sarebbe da morire due volte
ma non c`è tempo. né voglia.
il sole esala il suo alito rosso
di raggi uva, sbollenta tutto
e non si dimentica di chi sei
e di cosa farai per diventare
altro. non esalano i peccatori
l’ultimo respiro. luglio aperto.
luglio t’amo e t’odio. luglio.

non è un sonetto

certe donne
sono soltanto
una bella scopata
culi sodi pelle liscia

biondi peletti
sull’arco della schiena
due fossette di venere
piedini affusolati
tettine piccole
come du ov fretti
(piacciono così anche a me)

ed un sorriso già antico
saliva che cola dall’ano
un numero di telefono
sul comodino vicino
al riparo dal vento
un orgasmo a stento:
però ce l’hai proprio grosso
non mi è mai successo
di venire con questa intensità
è la prima volta
credimi
è raro.
è proprio grosso.

e la felicità
di quell’incontro
e successivo inviluppo
di braccia e gambe
che san di tutto
le lenzuola umide e sapide
finché ci si rialza in due
uno da una parte e uno dall’altra

lui che socchiude la finestra
ed abbraccia un libro di poesie
con le pagine ingiallite
le pagine sgualcite
nella sorda penombra
lei che va a farsi il bidè
e sciacqua energica
col sapone

come per svoltare all’angolo
dopo il negozio
articoli per la casa.

diritti per tutti

ci han fatto lo sconto, un torsolo di pensione
due tre metastasi a prezzo moderato.

una degenza breve e scanzonata
con la carta igienica portata da casa

a tratti un sorriso un po’ soffocato
viso buono a gioco cattivo

la società crede nello sperpero
e all’estrema usura una puntura:

fine della corsa. diritti per tutti!

moon

son andati sul satellite
per vederci pian piano
scomparire, piccini piccini
come minuscoli puntini.
alle fasce di van allen
han scattato le foto
e da lì han proseguito
con piglio deciso.
arrivati sulla luna
era tutto freddo
e inospitale
senza un rifiuto
un padrone
un temporale.
son giunti lassù
per dirvi che è meglio
ritornare. che è meglio
incominciare a ragionare
sul da farsi.

amici amici

ad agosto
son indecisi
non san dove andare
uh, ho detto io
è cosa grave!
veramente.
anche io non son sicuro
se rimanere o se restare
per vedervi poi tornare
(ho la faccia come il culo)
e mandarvi a cagare.

meteorite

ha messo insieme
una bella panza
pressione alta
pillola ogni mattina
colesterolo a 340.

mi guarda, sorride
una volta si vive.
appunto per questo
gli dico da amico:
esagerare a volte
è immotivata speranza.

terapia urticante

l’altalena cigola da sola
là c’è uno strano in ciabatte
con una specie di turbante verde
la testa sul telefonino, olivastro
all’ombra dell’ultimo nascondiglio
col sole che schiaccia il dissenso
siamo tutti presi nella rete
non ce la faremo
odoreremo di niente
d’hamburger
villaggi turistici
reality
equal state
tutti votanti
fummo orgogliosamente
differenti.

gli ultimi

i nostri anelli deboli
poveri senza lavoro
senza casa con una dignità
flebile, un io esterno
da qualsiasi malleabile
forza instabile e la paura
d’un fascismo strisciante
morto tempo fa appeso
e stuprato, nelle strade
e nelle urne, nei viottoli
ritornante negli oppositori
infartuati di progresso:
l’identità il paese la nazione
è tutta una questione
di rappresentazione.

*

prendete gli struggimenti del poeta
e fateli cadere a terra come corpo inerte
cade e come fardello cresce. annotate
lacrime e tensioni superficiali: lì
pulce d’acqua sopravvive inerme
scandisce il tempo con parole
e non s’accascia -complessa
l’arte ardimentosa. svenevoli
e contrarie le arie intellettuali.
si conosce la natura di pelle
nel parziale sguardo. mai

tornati dalla luna.

*

quale il costo
dell’unità
quanto sangue
e patimento
i principi e i doveri
la politica sovrasta
e stende gli uomini
ai muri. e le belle parole
e le fantastiche sorti
progressive spianate.
tutte le budella al sole
i cervelli sparsi
tutti il capitale umano
disperso e maltrattate
genti. si riunisce
ciò che non può.
ma della storia
non si fa memoria.
la strada s’asfalta
suo malgrado.

*

i bimbi erano al sicuro
nei propri ingombri
un padre e una madre.
poi si costruirono castelli
sulla sabbia, derive
nell’eccesso di progresso.
ammassi d’ideologia
quando le idee svanivano.
a volte la biologia
certamente genera mostri
la disposizione cellulare
e all’osso, l’elica del dna-
a forza di tentativi
qualcuno è farlocco.
certo, l’errore è nel mazzo
nel bordo, nel sotto
tutto compreso
tutto trasceso.
eppure la natura
sa il fatto suo
non mendica
tolleranza e abbracci.
non baratta fantomatici
diritti, non allappa il palato
di torbidi moralismi.
lasciate i bimbi
alla loro mamma
saranno capaci d’amare
lasciate i bimbi
ai loro padri
sapranno ereditare.
sapranno lottare
dopo una carezza.

profondità

nel cielo non mi vedo.
profondo l’azzurro
come poco altro.
la profondità spaventa
respiro lento del divenire.

*

se la memoria
non m’inganna
t’intravidi qui
in cucina a rovistare
padelle e tegami
furon questi
i nostri legami:
tagliatelle, sfrappole
e l’onore d’imparare
dai contadini.

sempre stato qui

quando i vicini il silenzio
maltrattano, quello che si stampa
desiderio nel cielo sgombro
ma nebbioso del primo ottobre
non c’è più calabrone, fiori recisi
perduti incisi. cala la sera
come nel vitello il coltello
sempre stato qui credo d’esser
tra i libri di Betocchi, Penna ed i cd.

detonazione

ho l’animo in pace
ma sono rivoluzionario
ho i capelli scolpiti
nella roccia

sono un’istituzione minata
una sonata senza tema
una forma contornata di sole
una tenebra di sale e aceto

sono umano a volte
e a volte dimentico
d’esserlo ed il tempo
vince e fa la quadra

dicono di far squadra
ma io non vedo formazione
ma tanti solisti
e ognuno forse ha ragione

venderla finalmente
e comprare verità.

*

provo la leggerezza
mi sgonfio all’aria calda
son fatto di sabbia
son foschia nebbia
un tocco di rugiada
soffio d’alba
una giornata d’afa
e tu che mi chiami
e mi richiami
insisti e non desisti
intarsi e imbelletti
diradi e scuoci
ritagli e raro acconsenti
stronzetta mia
cara dolce metà
non sarà mica
che m’ami?

serata contratta

esci col tuo collega finocchio
gli piace darlo, non prenderlo.
parla molto -così m’hai detto-
e gli piacciono
i bei culetti rotondi dei maschietti etero.
all’ultimo secondo, così all’improvviso.
woodblock su pedale soft d’archi.
t’avevo preparato
un piatto di penne non rigate
al pomodoro (niente basilico: sale (poco) pepe aglio
cipolla a pezzettoni, crosta di parmigiano).
ora si fredda tutto sulla cucina spenta.
dalla finestra il vento raffrescato entra.
io ho pasteggiato col riso bianco, salmone
e fagiolini saltati aglio e pomodoro un tocco.
non sono incazzato
tu m’hai scritto: vedi
che non ti tradisco (foto compresa).
a me dispiace assai per la pasta-
ci vuole tanto amore
nel cucinarla, la tavola apparecchiata.
al ritorno m’hai abbracciato al buio
ed io non avevo nemmeno voglia di scoparti.

*

una ludopatia la poesia
grave come una scommessa
reiterata e sacralizzata
allo scorrere dei giorni.
pure dopo i forni aperti
pure nei luoghi silenti
dopo la furiosa legislazione.
una dannazione se si proietta
al muro tutta la vanità
ed al principio fu il verbo.
e gl’interventi estasiati
le prefazioni, le traduzioni.
marchette delle lettere.
le amicizie redditizie
cannibalizzate all’uso
e abuso. mondo editoriale
tumorale. e gli amichetti
uh, gli amichetti che penzolano
dalle piccole grandi labbra
d’una poetessa col nero cappello
una strega col rossetto
una noia col pretesto
della metà del cielo.
hanno la fotta del verso
l’orgasmo del trafiletto
dell’apologia del corretto.
ammettilo: la poesia è una ludopatia.

tu

mi lasci trasportare
il tuo spirito nella nebbia
tra la monotonia dei giorni
identici e singolari posseduti come gocce
in discesa su una foglia
e il tuo odore di pelle e tabacco
toscano, stame
il tuo polline è oramai
uno strato di muschio lontano
una sentenza rappresa e cristallizzata
ma hai il miele in bocca
gli odor di casa
e una eco di voce ficcante
sei edificato dai pensieri
da una strana melodia barocca.
sei qui, sei là
nella neve dei monti
in un particolare di legno lavorato
amavi Vivaldi.

*

mi cerchi tra le tue cose
in fondo come un belletto
nella tua borsetta vezzosetta.
siamo una coppia fashion
come un capo firmato.
oppure solo tu al centro-
precario equilibrismo
per l’innamoramento.
femmina accentratrice, vorace.
o un rapporto in continuo
virtuoso aggiornamento.
con affetto. al momento. 

*

ci son altezze
che non sono parafrasabili
e accumulazioni posticce
opinabili. e da un luminoso
e accaldato mattino
costringono ad un declino-
pomeriggio che schiaffi vicino
il declivio lento verso sera
vespri di spettri ed incisioni
apprensioni e gioie silenti.
altalenante il fluido dei corpi
il dispiegarsi sino al sonno
che avvolge e stempia.

mors tua

a volte penso di morire improvvisamente
come son nato, di punto in bianco come un santo
e al mio funerale
dopo le pulizie di rito
merda piscio sangue bava e la manicure
come le fighe di oggigiorno
che debbono per forza avere le unghiette fatte
e disegni fashion sopra, lunghe e coloratissime
da sfoggiare nei social
festival delle ipocrisie e del frivolo sott’olio e sott’aceto
senza mai aver tentato di lavare un piatto o una forchetta
per timore di scheggiarle o al peggio spezzarle alla radice-
le unghie fra l’altro continuano a crescere anche dopo morto
come i capelli, tutto il resto si contrae come il peso
l’uccello ridotto ad un foruncolo purulento
la sacca striminzita come una prugna del sole californiano
vedrò degli stronzi contriti, pochi
a dire il vero (due o tre), seri e meditabondi
attorno alla mia grossa rigida salma
truccato e vestito di tutto punto
come un damerino
o un venditore
di truffe telefoniche
o contratti elettrici e affini
puttane dell’economia di mercato
schiavi impenitenti
mi guarderanno nella bara economica
legno di balsa
e zincatura di proletariato espanso
eppoi via nel dolce forno
per trasformarmi rapidamente in polvere grigia
sì, io voglio la cremazione
voglio abbandonare questo mondo
in una grande
unica fiammata
di gas metano comunale green
rimanendo per ultimo
nei filtri antiparticolato
una ultima memorabile fiammata
in mors mea
polvere alla polvere
chi è stato è stato
scordiamoci passato e futuro
adieu
mon dieu
amen.

*

viene al mattino
un vuoto di bottiglia
star di lato come arrampicato
non sgualcire.

la notte è affacciata nell`eresia
dell`invenzione
a volte chiara
a volte tetra e fiabesca.

ci s`alza per convenzione
con tutte e due le scarpe
sul pavimento
girate nell`esatto verso

la macchina automatica strimpella
l`ingranaggio oliato evapora.

s`ingroppano due cani

s`ingroppano due cani
non sembrano sapere
che son dello stessa metà
del cielo. i diritti son diritti.
il marciapiedi è pieno.
crateri e sabbia e ghiaia
a lato la sterpaglia.
più in là merda di cane
o di un disperato spiaggiato
che si decompone al sole.
i muri son scrostrati
le crepe profonde.
guardo il cielo
ed io solo.

brucia l’estate idiota

brucia l`estate idiota
brucia di forno e pane secco.
brucia e la combustione
tiene tutti in casa, cercatori
d`illusioni. imbrattati di news.
vero o falso domani in silenzio
ligi al dovere, svegliarsi e andare
a guadagnarsi il pane. tutti in marcia
con l`obbligo morale. e intanto
grandina. come la fine del mondo.

pacem libera tutti

fatti le canne
scopa con maschi
scopa con femmine
scopa con tutti
fai l`eunuco
l`eremita
fatte le pere
in un angolo
o nell`attico
tatuati dalla testa ai piedi
bucati il naso come una vacca
colorati i capelli di viola
gonfia labbra tette e culo
strappa l`uccello
prendi gli ormoni
cuciti la passera
fallo spesso
fallo raro
sei buono con tutti
tolleri e non vuoi regole
vietato vietare
ingozzati come un porco
e vomita
smetti di mangiare
tutti fascisti
tutti comunisti
tutti qualunquisti
tutti idioti
cura il tuo corpo
come se fossi solo un muscolo
imbratta muri e scappa
risorgi e crepa, viaggia sempre
alla fine sempre per restare
sei padrone
sei operaio
sei barbone.
sei ancora in trappola
amico.

sei

ancora

in

trappola.

concerto

cicale in concerto
il mio sconcerto
semplice natura
osservo nuvole a sud
ammassi grigi di panna
dal vento caldo smontata
come un dono
tutto al suo posto
non smotta: nell`entropia
altri fiori sbocceranno-
si studi il passato
il dono dell`arte
dell`intelletto.

*

ci si vede lì la sera
per far scomparire il mondo
sentendosi parzialmente umani.
un bicchier di vino, una patatina
un salatino: se un moderato paradiso
esiste, ha un`insegna al neon
è un posticino tranquillo.
è qui vicino. le idee qui non pesano
e se si fissa il vuoto
non è per paura del silenzio.

muta

ti conosco
sino alla pelle nel fondo delle rughe
sino alle profondità liquide dell’occhio miope
probabilmente per empatia
ma capita non ti comprenda
ieri per esempio
tornata a casa
hai alzato la voce
inacidita m’hai sorpreso
mentre avevo le mani sporche di cucina
la testa concentrata sui fornelli
per una sciocchezza subito rappresa
io che ti dico di stare calma
tu non l’hai presa bene
il dramma da consumarsi, questa la scena
ti sei chiusa nel tuo solito mutismo
l’autodistruzione è un particolare
come il suono della lavastoviglie
pare che a volte l’incanto finisca
nell’impercettibile sforzo
d’apparire agli altri normali
pedine consapevoli
o no. e mi dici t’amo.
sì e hai ragione. è amore.

*

il male
ha la bandiera
del moderno progressismo
e la tolleranza sbandierata
non è che
un lasciapassare
per le peggiori nefandezze colorate.
urlano i bambini
e i diritti requisiti.
urlano le mamme sole
e i padri
depotenziati e sviliti
come mai nella storia-
la virilità è sconcia.
i poveri sono cavie
del potere democratico.
i poveri schierati
come tanti soldatini
nel conflitto
che ci tiene lontani.
eppure siamo
della stessa materia
plagiata.

*

via se n’è andata
la luce, il buio
a che conduce?
alle foglie secche
che mulinano trottole
al lontano borbottio
del tuono. un uomo
timorato chiude gli scuri.
la casa è l’ultimo
baluardo, oltre c’è
imponderabile
silenzio. e violenza.

roulette cancro

il cancro t’assottiglia
t’ingiallisce
t’istupidisce
cancella le tue impronte
anche se non sono pronte
è il male del secolo
uccide più della sifilide
nel diciannovesimo secolo
più dell’aids sommata
ai fulmini, al deficit d’odio
alla caduta cocchi
agli squali killer, allo scolo.
t’afferra subdolo
a tradimento
e ti lascia sgomento
quando ti prende
stai sotto vento
ma senza ossigeno.
il cancro è l’avvenimento
nefasto
che ti rende amico
del camice bianco
impotente, forse empatico
farà il simpatico
con ago e lettino
ma sarà ogni giorno
il medico
tu un altro malato terminato
apatico, patetico da consolare
che malinconico
osserva il mondo tirare avanti
dal finestrone opaco
dell’ospedale.
roulette cancro.

poesia per i romantici

datemi un salario dignitoso
devo comprarmi il pane
e magari un bicchiere di sangiovese
-dove sarebbe lo scandalo
io sono lo scandalo:
ho due piedi e due mani
ma non m’appartengo
voglio ascoltarmi bach
l’arte della fuga
il clavicembalo ben temperato
senza pensieri neri
e gioire
vorrei uno sguardo dignitoso
so che tutto ha un prezzo
dalla tessera del sindacato
al mio tempo svuotato
voglio che mia moglie
possa avere mio figlio
rivoglio il mio tempo
la lettura di un libro
voglio sentirmi uomo
e libero per quanto

*

la notte è una crepa sul muro
camion sulla tangenziale
grillo, un urlo di gufo.
una talpa che sbuca e s’imbuca
un riccio affamato
che sfrega e s’arrotola.
di donna un verso muto
uno sputo il combusto
gomma di copertone che frena
la notte fradicia di vapore
umidità che strangola.
la notte lunga e polverosa.
l’estate che latra, il cuore
che sincopa, inceppa
s’incricca. i polmoni
seguono a ruota. una nota:
voglio addormentarmi
non sognare. rifiuterò
niente posso, senza fiato- 
è il mio fiuto, notte mia.
scrivo e testimonio.

*

matura conoscenza
assieme impazienza
normalmente d`esserci
ed operare -quando poi
uno sguardo o un cenno
elidono o scoprono.
e la rimanenza discreta
la noncuranza celata
il minimo indisposto
il manuale dell`opportuno
il guanto nel pugno.
e così s’è, per questo
ci si scopre, s`ammanta
si depone cordolo
si trasla e non v’è più a vista
una svista, un`alba svampita.

non meno uguale d’altri

non meno uguale d’altri
con la sabbia scavi la vita
con le tue dita, le unghie
ma con serena delicatezza
perché l’impeto a volte
non s’accetta, non strega
il fascino dell’impulso
nel quadro globale insulso:
la casistica, la statistica
scienze che studiano
l’accadimento, mentre
l’umano strumento
è del lordarsi le mani
dimenticarsi dei mali.

*

resta la sabbia
sulle lamiere, sui vetri.
piove di giorno e di notte
la sabbia scompare.
come i segni sulla carta
parole di silicio e odore.
odore di cose passate.
odore d`un reale
più o meno discreto
almeno inconsueto,
mansueto il tempo
scompare. desueto
un uomo vorrebbe
restare.

*

le tensioni torcono i capelli
e tu vieni e vinci
tra gli assetati.
mostri gli artigli
e passi la mano
dito dopo dito
all’uso. abuso dei tempi
lusso dei ripetenti.
abluzioni in periodi fertili
si piega e non si rompe:
è il desiderio.

le formiche

ho letto poesie brevi
d’un poetone
così minuscole
che neppure
van lette

*

la miniatura
è per natura
una gran scocciatura:
servono lenti.

*

la società liberale
ti costringe a schierarti.
ed io non posso
faccio quel che voglio!

*

parlano d`amore
parlano di bellezza
la baruffa dell`intellighenzia
la truffa della fuffa. muffa.

*

l`accoglienza totale
è la scienza radicale
della percentuale di popolo
che poi il fine settimana
spensierata va al mare

*

i rosè
han pensieri osé:
non ci liberano del lavoro nero
ma sol del suo pensiero osceno

*

il poeta vero e tronfio
ha la verità in tasca
delle riviste il siero
e degli omologati
lacchè che valgono per tre

*

i versi d`amore
son come il sudore
scivolano via poi
con le corna, l’onore.

*

la mia partenza
è stato sempre rimanere
il continuo viaggio pigro
di un operaio in cantiere.

*

la fuga dei capitali
a seguire i cervelli
arriveranno ai bidelli.

*

i giovani tornano alle terra.
la cosa inevitabile -bene o male-
è che lo faran due volte.

*

era molto intelligente
così intelligente
era di sinistra…
no, era solo mancino.

*

dicono ai giovani
abbandona la tua terra
gira per il mondo
non figliare
pensa a lavorare-
la carne da cannone
ha un solo nome:
prostituzione.

*

ah, finalmente son socio
di una cooperativa
che felicità! pagato poco
sto andando alla deriva.

*

papà è cattivo
in cucina c’è la muffa
il frigo è sempre vuoto
mi han portato via da bambino
hanno inventato il trauma
mi han rivoltato come un calzino.
è un potere occulto, disumano, ialino.

*

sono versi umorali
svaniscono in rugiada
dopo i temporali

barile

gli uomini raschiano
il fondo del barile
e vivono di minuti
rappresi al caldo giugno
come un agosto qualsiasi
sboccato e odioso
al bar osservano
con occhi luminosi
e già bagnati
le gnocche passare
se ce n’è una passabile
appena
grugniscono vociferano
ed esprimono la primordialità
della specie, la leggerezza
sopita dei quarant’anni
la tumulazione dei settanta
ma c’è sempre la pillolina
azzurra-
alcune soffocano
la gioia d’essere vive
e piacere, altre scontrose
s’incazzano come il tempo
ieri furente grandisoso.
alcune temperano un sorriso
poche dirai
nel 2019 il metoo
ha fatto gli ultimi danni
prima dello scioglimento
dei millenari ghiacciai
groenlandia e alpi e pirenei
(molte fighe fredde).

*

si scatena la sirena
oggi son tutti malati
sarà disidratazione
e sconvolgimento
interiore. ossidazione.
l’interiore è una gomma
appiccicosa- la fossa
ti scava prima che tu sia
carne appassita
per vermi golosi.
l’interiore è questa manovra
rischiosa dell’uomo
per sembrar superiore-
alzando la testa
alla festa dei nomi.
quando ti chiameranno
tu fai finta di niente.
esponi alla gente
la penetrazione della luce
ed un calore qualsiasi-
la luna ed il sole
e quei momenti strani
di flessione
come oscurati da nubi.