mansueto come una tigre affamata

non c’è un più
togli piuttosto come nell’ultimo Buonarroti
è il non finito che ispira il segreto
che traccia l’orgoglio latente
la massima serale, la magia.
dal cappello esce il trucco bello
come la strafiga la sera con gli amici
tutto tacchi, ombretto, capelli
e profumo numero cinque
e profumo e profumo
solo quello:
esclusivo come la prima scopata
ma assolutamente risaputo.
gira che ti rigira
la giornata durerà 24 ore
minuto più minuto meno
la rivoluzione sarà fatta
tra trecento
sessanta
cinque,

punto.

pittura scura

ha scosso i rami
il temporale nella notte
e ha dato certezza:
la fotosintesi a venire.
il vivo sole successivo
ha chiuso il cerchio:
sopravvive
comunque
la vitalità
alla catastrofe
umana.

stillicidio

coglimi in fallo
in questo strano stallo:
è della libertà lo sballo
colto prima di darlo.
donarlo questo arbitrio
a chi poi? a chi mette
per prima il carro ai buoi?
o a chi tutto possiede
e più vuole, mai si siede?
e bulimico, emorragico sviene?
a chi sostiene
a chi detiene
a chi viene?
a chi inverte gli addendi
e poi se ne sta sull’attenti
privo di risultati
o con troppi.
io non so
non sostengo
non detengo
non posseggo
non conosco
non voglio che mi si interroghi
su questo maledetto tarlo
piuttosto voglio darlo
a chi non saprebbe neppure
aspettarlo
a chi vorrebbe amarlo. e via
e via,
via dicendo. il gioco
nell’attesa del fare
nel desiderare
e dopo, o prima
davvero non ricordo.
adesso ammorbo!

titoli, sottotitoli, editoriali

sono alla finestra
gli uccelli liberi
a spiare.
la notte
non è servita a sognare
così dormo ora
dai cinguettii promessi
cullato: mastichiamo tanto
per ritrovarci poche mosche
nella mano.
le mani che lavorano
e scrivono
che accarezzano un figlio
che impastano il pane
che salutano.
c’è il futuro
nelle mani:
lo attendo
occhi chiusi
alla finestra
gli uccelli liberi
a spiare.

borioso

lastricate le vie
d’intemperanti
giustizialisti calano
la sera le vanaglorie:
sono i fondamentali
a rendere predatore
non affamato l’uomo
misero ingrato scorticatore
che le danze abbiano principio
(non esclusa una fine col botto!).

tautologico

i silenzi importanti sono sempre seguiti
da grandi rumori e come le corse
nostre inciampano spesso nelle bagatelle
i nostri cuori stonano, non sempre
tracciano il coro armonico, le mani
son trafitte ed il caso avvolgono;
le carni inventate, coltivate
poi depredate. perdóno
in terra ed in cielo.

sineddoche

scontento nel portamento
via dicendo smarrendo:
ogni momento è buono
per caricarsi d’un dono.
e il dono è la gioventù
ma a lei forse
non pensi più.
allora il dono è nell’essere
e basta, pur nel ricordo.

atomicamente

parliamo di destrezza e manchevolezza
poi cambi argomento, arricciando labbra e temperamento.
ti sei immalinconito, intristito. le stupidaggini
danno al mento sempre un irreale alleggerimento: la realtà tuttavia
è così spaventosamente banale e sì, sciocca ed un po’ farlocca.
così si manca il bersaglio, anche volutamente.
così va conservata l’amicizia, come un bagaglio, contatto di pelle, sorriso.