riapre i giochi il temporale
ed i ghirigori di luce nelle piante.
abbondante sudata
e nuovo sforzo sarà asciugare
ricominciando.
la poesia non è un museo delle cere e non è un pranzo di gala.
riapre i giochi il temporale
ed i ghirigori di luce nelle piante.
abbondante sudata
e nuovo sforzo sarà asciugare
ricominciando.
disintegrarsi con gusto
come per tutt’uno
che s’ignora
ma fondo all’anima
ardente s’apprezza.
l’anarchia dei rapporti sparigliando
dei giorni uguali l’indifferenza.
che si cresce
cosi’ lentamente
in differita.
che porzione
non è mai ciò che s’aspetta.
che è certo più emozionante
via smarrita, diretta.
bellezza sei carcerata
in una fredda serra di cemento
ti ascolto moroso
perchè anche io t’ho scansata
ho finto che debito
non fosse, poco
educato al giornaliero sfarfallio
d’energia e spirito, ancora il tignoso
peso sullo stomaco, ingastrito;
la farsa dei regolatori
comuni, amministratori…
bellezza, bellezza, bellezza!
ti ripeto, ti incido
per tre volte ed ancora
perchè tu non sia pensiero solo
tensione di corteccia
anche creato tangibile
espressione del respiro
bicchier d’acqua,
usuale, primavera
parco giochi, fiera di luce
e grazia. bellezza
fammi per sempre
corpo illuminato
vestito di bello.
(a lucia p.)
nato per vedervi morire
ma non per soffrirne di meno
corsa incosciente ad occhi chiusi
dal portico, con le mani in tasca
sotto un batedo d’acqua infiammata
tanta. risultato: bagnato
ugualmente e più, con la stessa
profondità umida, vigorosa, vergognosa.
sarei ubriaca libellula e leggera senza cuore
allora vivo lo tengo il muscolo d’amore
tra pensieri di tutte le temperature
perché sia sempre sfacciato urlo di luce.
i miei capelli così corti
non posso certo appenderci
la mia vanità. sacro il tempio:
nella mia tana con un faldone di pensieri
liane indecise appese ai miei sorrisi
vacui.
santo colui
che mi insegnò
senza orpelli e quadri astratti.
santo colui che saprà
continuarne il disegno
applicandone l’imperioso impegno,
in un’altra vita che non è altro
che questa -mano nella mano-
da differente
angolazione. non mi guardate troppo
al di là, oltre il vetro della coscienza
e dei ricordi:
potreste non crederci
che uomini non sopraffatti
siano ancora qui
piedi calzati di terra
maneggiando creazione e mestiere,
numerando indefettibili granelli di sabbia
marina.
lievi come idee belle. e santi
perchè viaggiano con ali
di discrezione. e mentono.
sapendo che la pendenza lieve
scivola anche il forte
inesorabilmente
nella mareggiata.
la dura faccia
della giornata
mento oblungo
orecchi molli
denti digrignanti:
senza guizzo nel mezzo
la felicità ha sempre
altissimo prezzo.
lei ha comprato il servizio di piatti
frullatore, lavatrice.
lui scolapasta, pentola
ed un casco. la convivenza
si appoggia a stoviglie ed ammennicoli vari
come la vite in primavera.
lei ha già affidato la caparra
all’agenzia per l’appartamento carino
garage, terrazza con giardinetto
cane disegnato ed i bambini pensati. poi
lui e lei litigano per sette giorni di fila
l’amore non è bello se non è litigarello, dicono-
all’ottavo giorno a lui basta un sms
si mette il casco ed esce con gli amici
o da solo non importa, non tornerà:
amore svanito.
magia finita
ancor prima di cominciare.
la dura faccia
della giornata
mento oblungo
orecchi molli
denti digrignanti:
senza guizzo nel mezzo
la felicità ha sempre
altissimo prezzo.
qualche terra abbisogna di qualche eroe
e di tanta sabbia per nascondere la loro
sincerità pietrosa, involontaria saggezza scontrosa
non per strategia per atto, non contratto
e c’è una soffocata rabbia che come germoglio s’inviluppa
sbotta e s’attorciglia, sfianca nell’estremo
pubblico parapiglia, s’intigna. nell’alba pietosa
degli scalzi imperatori il nostro sudore spinto
cadrà tinteggiando quadri d’aria cheta
di quegli avvinti eroi atterriti, borghesi imbolsiti? o solo insana
salamoia avanza come ercolano dopo sconquasso
e pulci e stracci, muffe, maleodorante politico intrallazzo?
al fine non ci sono più eroi di questi giorni
se nulla o poco si salva, si può.
piange come una fontana
piange di gioia, o subisce
che quando torni luce
sia meno serva, fiera.
padre son io la fontana
con le tasche buche
ed i pensieri
che non servono più
a farci signori.
nati alla luce buia
della luna, ancora sempre
per ritornare nell’esatto lampo
del sole cocente. il principio
è fine e viceversa, parte
avversa è nota ed interna
la luce nota ed opposta
sempiterna. precisa l’alchimia
non c’è: si chiama vivere
e basta viverti vita
per cercarti ogni volta.
saliscendi, umore mio.
pelle bagnata straccio sfibrato
lasco, lago. l’accarezzo,
non s’accorge nemmeno
ha il bandolo nel vestito-
shopping ed arena.
nemmeno io, disattento
disattendo. ho il cuore
stempiato, degli occhi posticci:
ho amor delle cose, non avvento.
che pasticciaccio brutto, lutto.
sulla poltrona calda
sospiro, la veranda nel tardo
s’alluma, merlo, gazza
pane in forno, viso specchiato:
m’han mandato a casa
ora con me stesso solo
i pollici rigirarmi.
sui rami dei giardini
tanti non occupati
come uccellini,
giù giù gli occhi brodosi
negli esili pensieri abbandonati.
ah, che onore
non averlo
pretenderlo
un pensiero.
sabato mattina
contorno di bellezza
pace, silenzio e color di fiori.
mi muovo con le pattine
non disturbo, non voglio.
ne pretendo ancora
di piacere e di mattini
che abbiano oro in bocca.
spesso da lì esce fiele
ma non nel dì di festa.
al lavoro, sole fuori
mite primavera,
sghignazzano fior di giovani.
guardando la vita a metà
son vivo: dovere,
spero prima del piacere.
ovviamente ti sei accorta del vento
del silenzio, stamattina: alito sapido
capace di screditarci. invidio una qualsiasi
precipitazione, ora: dalla gravità potrei
proteggermi.
la notte cedo l’anima
al tempo. scorre così col silenzio
dello scassinatore,
scatti d’umanità
rubati, l’infinito
ritornare.
oggi il canto è stato più basso del solito
litania stantia, monocroma
un bassorilievo incompleto ed insipido
una mezzaluna e meno, spuntata ed ingrigita, canuta.
oggi il rumoreggiare del pubblico
l’ha fatta da padre padrone, grande dittatore,
monarca assoluto, dio… tuttavia questo bene che si ricerca
persino nelle piante del giardino, nelle radici intricate
nei cenni indecifrabili, minimi… questo minimalismo
organico, vibrante, che ci impone l’esserci e dichiararsi vitali…
mi sto così vicino oggi che mi viene in mente mio padre nel garage
piegato sul bancone affollato di materia, padre pelato e paziente e buono ed ironico
alcuni amici più amici della media, un bravo cane, l’amico
immaginario delle mattonelle, dei ripostigli, i passeri alle cinque del mattino…
mi sto così vicino oggi -coincido- che riesco persino a giustificarmi
e a non infierire.
le paure sono tutte lacrime nei tuoi occhi bagnati:
l’amore ci si rivolta contro anche a vent’anni
e la certezza è che quello che ci sembra insormontabile
è sabbia, cenere. basta un colpo di vento: lacrime finiranno, dopo.
ci siamo incontrati così poche volte
eppure mi racconti delle sue pazzie
colpi alla porta, pugni, urla,
delle minacce al telefono. sarà la birra
il ristorante giapponese, la forza del gruppo
la sensibilità debordante anche nei momenti conviviali.
sarà che abbiamo parlato di tutto col sorriso lieve
di solite cose come lavoro sesso amore serenità televisione
vecchiaia divertimento battute, forse film
non ricordo bene tutto
alla fine d’una serata interessante: c’è un cinquanta per cento di verità
un venticinque per cento d’ossessioni
un venticinque per cento di bugie
c’è mettersi a nudo con lo sconosciuto
goderne della neutralità oggettiva:
una seduta gratuita dallo psicologo
tutte le debolezze, le paure
sfuggono al giornaliero monotono bestiale.