il poeta parla al vuoto

parla ai vivi il poeta
ai fiori al gatto ed al topo al saldatore
all’incudine ed un tempo al martello
al passero e alla somma delle scommesse
alle corse dei cavalli e al padrone di casa
che ogni stramaledetto 10 del mese
vuole troppa fresca. il poeta non si scompone
nemmeno quando non ha troppo ragione
il poeta lunatico o no parla ai vivi
che a volte sembrano già morti
coi loro suv e le puttane nei pied-à-terre
coi loro sogni nel cassetto che sono diventati
i loro cassetti con l’antitarme. non so
se sono più silenziosi i vivi o i morti
i vivi decelerati contro il guardrail delle vite
da cartolina o i morti alle diciassette
mentre finisce il turno infernale.
il poeta sfiora la morte periodicamente
come una voce di soprano
dopo quarant’anni di carriera
con l’ugola devastata da Puccini
e Wagner ogni sabato sera alla Scala.
la morte ha il suo fascino terminale
ma deve accadere quando i fiori
e gli steli sono già fuori dalle orbite
e la vita continua anche dopo
aver fatto il bucato e stretto le chiappe
nell’ultimo tornante in fondo
dove il sole si prende una vacanza
e s`impugna il senso come logora bandiera.

A vuoto

Tutta la luce più splendente
viene giù sull’indifeso pianeta
e tutto l’azzurro cielo
cola come fa il miele
su un campo non arato
ma seminato di sale

gli uccelli volano alti
e giungono canti lontani
la natura è violenta e vince
sui colori e gli odori

noi banali spettatori

con la strada senza rumore
e la mente piena di suono
come un forno solare
stanco motore gira a vuoto.

trascorre il tempo vuoto

trascorre il tempo ed è vuoto
come l’olmo traforato dal verme
così insolitamente inerme
il pensiero della presenza assente:
esserci per la fine dei tempi
l’infame orologio biologico
non per i libri ed i giornali
svanendo da sogni, ricordi.
l’illusione di perorare ed inseguire
il meritarsi eterno. e non c’è
che un po’ d’inchiostro
per appartenersi ed attenuare
tutta la perdita, l’assenza.
essenza del passato, vanità del futuro.

anarchia

annotando morte tutti i santi giorni
ogni ora secondo ed il potere di un dio
al massacro ogni minuto, nel mezzo
renditi conto della sospensione nel vuoto.

uno scambio

e se i campi a maggese

non bastassero, cadrebbe

a pennello un viso

Continua a leggere “uno scambio”

imbonitori da quattro soldi

esaurita passione e virtù

tra un monsone ed una tv

scontiamo il vuoto

uno ad uno

in diversa postura

con la sola conosciuta andatura

sconosciuta armatura:

come bambini

della puntura

abbiamo una fottuta

bestiale paura.

esserino affamato

caro riccio notturno nell’ore piccole
giunge il brusio asciutto del piatto sgombro
di lumache ed affini molli, ancora vuoto.
s’io credo ad un ladro maldestro
nella notte nera sprofondo,
rammento allora che sei tu esserino
affamato e puntuto, il pasto brami
al secco. sorrido – ti trovo incarognito
digiuno, maldestro, stremato dentro
un secchio, arrotolato. riccio
ti sei proprio cacciato
in un bell’impiccio.

inchiostro

amletico dubbio:
scriver di che? c’è vuoto
dietro passi, le occhiate
l’orco del nonsense e
le maniche levate
che comporre necessita
sino al gomito; che poi fermo
s’incricca, ritorce, contorce
s’annebbia, scricchiola, cigola.
boomerang il dubbio
che tutto l’inchiostro
sta dentro il pozzo,
senza parola.