chi ha tempo non aspetti tempo

questo tempo
che chiami speranza
ma la speranza
è del potere emanazione
bluff incoerente
fallimentare in terra
perché illusione.
questo tempo che segna la gente
talmente violento
questo gioire di un non terreno
che non avremo
davvero un gioco estremo.
il potere non vuole
una soddisfazione qui
vorrà ciò che non si vede
perché non c’è
ne qui ne là
né dove
né quando.

ultimo incontro?

fa cilecca la memoria

alle soglie del senile

come rattrappito sesso.

recede l’humor, un senso.

ma sempre è novello

perché non ricordandolo

panorama par lo stesso.

gioventù bruciata

insomma la giovinezza
ha il suo fascino animalesco, bruciante
e scontroso: l’effetto intransigente
assicurato dal non pensiero.
l’anima si sfoga così: col nervo
e l’istinto primordiale. ma quale
fugace disturbo, la forza
dell’impulso senza macchinazione:
urlare, schernirsi col rumore
delle corde vocali, infrangersi
nella cacofonia penitenziale.
la forza della gioventù
sta tutta nel perderla
prima o poi.

tabulatura

non c’è una porzione giusta
nemmeno nel giusto del buono.
ci sarà sempre un’allusione maligna
che stravolge l’illusione: si manca così
alla previsione pianificata
come un mestiere o un artigianato.
ma l’idea non è oggetto
è soggetto d`una profonda
riflessione. irraggiami di neuroni
vita mia: sarò ricompensato?

ritardato

sono sempre arrivato
in ritardo, pare.
il primo sesso senza amore
il primo amore senza sesso
il primo motorino
il primo computer
i vestiti alla moda
il primo telefonino
il computer e la connessione internet
il diploma
la multa con l’auto rimossa
l’assaggio d’una sostanza proibita
il desiderio senza paura
la vacanza fuori dai confini,
il ritardo è un tratto
distintivo, pare.
era così importante
arrivare?
agli appuntamenti no
sempre in largo anticipo: venti, trenta minuti
prima. allora non è una
regola, allora sei pure
flessibile, dilla tutta!
arrivare dopo la massa
era un modo per tutelarmi
scoprendo
che tutto ciò che avevano desiderato
l’avevano sminuito
mortificato
per sempre
ottenendolo
praticandolo.
sempre arrivato in ritardo:
a volte l’importante
è non arrivare
mai.
mai.

tornare a fare le consegne

l’errore ti farà grande
ed immortale
l’errore sará il toccasana
che ti spinge
l’errore sarà il difetto
che fa la somma.
avrai bisogno di questo
e di tutto il resto
di sommare
e di sottrarre:
la malinconia
il furore
il sudore.
tutto quel che serve
è dentro di te, tiralo fuori
anche nel frangente sbagliato
nella relazione senza via d`uscita
nel terrore insano
di un giorno nuovo e vuoto.
scoppia di salute
la vita.

poetica senile

non lirico nemmeno cólto
piuttosto còlto come frutto
dall’impazienza giovanile
che si protrae ed invidia forte
per chi crea, da musica a scalpello.
così beatitudine si genera
nel crearsi e si spettina
l’eremitaggio del sociale.
tutto quel che c’è di falso
è alla portata del nostro
scriverci addosso.

meraviglia delle meraviglie

la meraviglia
è nello strazio del bimbo
che si vuole addormentare
e nella luna intera
che elargisce un bagliore.
è nella solidarietà d’una bevuta
in un pub
nella città vecchia medievale
la meraviglia
non è sempre celata
e quando si mostra in tutto il suo fulgore
allora le cantate di Scarlatti sono bazzecole
e Bach una schiappa.
notate bene
che chi scrive ora
non è mai stato testimone
ma la meraviglia promessa
dà lui una forza meravigliosa
è la voglia di scrivere
adesso e ancora.

ancora rime

attenti ai portamenti:
questo portenti
l’indicibile dichiarano.
resti di menti
ed altre carnalità
i possessori fluttuano
alleggeriscono e pesano.
oltretutto la postura
può toglierti d’impaccio:
solida salute, come uno spaccio.

mattanza

la dannazione dei corpi:
il maciullamento delle carni
è uno dei più forti
caratteri umani. mai
un’era senza.
non è cultura
è pulsione, come sete.
fraintenderlo
va oltre l’indicibile.
capire è rassegnarsi.
discriminare, districarsi
è salvarsi, a modo suo.

non c’è piú, è venuto a mancare, passare di là…

nostra sorte comune
la morte.
immaginarla
non è dato: una postura
un black-out
un soffio a mancare
forse.
nero seppia
tunnel senza sbocco
pace o inferno
chi sa
non può dirlo
chi vorrebbe
deve aspettare:
che di bello
ancora qualcosa
ci sarà da fare.

al figlio

terra e fiori
merli, corvi, tordi, passeri
tutti esseri, i loro amori
negli occhi del figlio nuovi
linde retine affamate
nelle manine come alette
che poco possono trattenere
ma tutto vorrebbero
tener strette,
Tutto nuovo, tutto differente
assieme io e te
piccola tenerezza ingenua
ed ingegnosa, all’aperto
viso scoperto, stesso sangue
ma diverso, nulla pare avverso.

cinismo antropologico

tutta questa gente
questi popoli
questa carne
non hanno nessuna importanza
sono meno di un’acquisto in un supermercato
ma più di una scommessa.
tutti questi uomini che non pensano
che guardano solo
non partecipano
o non vogliono.
non si amano
non si conoscono
non si tollerano
sono lontani anni luce
l’uno dall’altro
anche se vivono nello stesso pianerottolo
anche se fanno parte dello stesso sindacato.
tutta questa fiumana di carne
che non genera bellezza
ma rifiuti
smog
protesi di sentimenti tarpati
sport e finzione.
quanto pane
e quanto calore
per farli sentire vivi
serve? basterà lasciarli
vivere assieme
e un’idea
si farà largo.
basterà non disturbare il corso
degli eventi.
non farsi troppe domande.

diamante

sino all’impossibile ed oltre
abbiamo preso
in prestito, tutto
per non morire presto
eppure la fine
si ripete come miliardi
di volte prima
del corpo nostro,
esistenze polverizzate
a far terra ed enormi pressioni
fino alla geometrizzazione perfetta
del diamante, pietra dura
inscalfibile, splendida trasparenza.
ecco, si compie così
forse per una volta
quel desiderio carnale d’eterno.

torsione elegante

ho gli sguardi tuoi
catalogati
come tessere di biblioteca.
lo sguardo del portiere
quello del fruttarolo
del gatto furtivo
della gazza furba
dell’energico merlo
e lo sguardo di mio figlio
curioso e prima del sonno
languido e tenero.
tutti questi messaggi
li terrò per me
per il sempre concesso.
poi sfarineranno
assieme a tutta l`altra massa
come piume di pulcini.
sfortunatamente.
e fortunatamente
nel presente sono l’ancora della nave
in tempesta
la tempesta non ha sguardo.
la tempesta ha il furore
del ciclone
l`inespressiva indifferenza
del grizzly a caccia.
la tempesta che ci separa e ci irride.
ma gli sguardi sguainano la vita
e non c’è più dolore.

mai niente di troppo

la poesia non ti salverà
da tutta la crudeltà
del mondo.
non ti salverà
da tutto quel sangue versato
dalla violenza
dal terrore
e dall’insoddisfazione, dal vuoto.
nemmeno il chirurgo
il profeta
il prete
possono.
la religione
è una fiaba per bimbi.
la medicina un’illusione
la psichiatria nevrosi.
la senti l’acidità
nello stomaco?
il reflusso che scarnifica
dall’interno?
come una porno tenia
affamata?
bene: l’amaro in bocca
fiele
ti farà sentire vivo
anche per l’ultima volta
ne valga la pena.
la poesia non ti salverà.

formicaio

osservo il bianco muro
della stanza.
una formica studia lenta
le imperfette geometrie.
ingrandire il particolare
significa estraniarsi
non comprendere.
la formica non lo sa.
neppure io
in questa stanza sono il bene
ed il buono
cieco striscio
come lumaca
senza scopo.
tutto si confà
al ritmo esterno:
la scia delle formiche
ha il suo ritmo global.
la scia proietta sull’individuo.
il collettivo
vuole la ragione
e l’ottiene. a forza o per consunzione.

tintinnio

la gravità non grava

come sulla foglia la rugiada

leggerezza esiste

s’è desiderata.

come dar torto

a colui che non scorge

il deprezzamento

a vantaggio del valore:

già chiaro, lineare

l’odore del viver

talmente onesto

ch’ogni paura svanisce

e celebra.