venire ed evaporare

tornerei ai grassi pompini salivosi
nei parcheggi alle 3:17 am
la luna sghemba e tumefatta
il gorgoglio della saliva nel gozzo
con qualche bottiglia di vino in corpo
l`affetto lontano. l`effetto dirompente
sui coglioni della mano. la lingua
sul serpente. e slinguarla assatanato
sino alla nobile secrezione.
quelli erano anni di reflusso
col lavoro matto e disperatissimo
e l`ansia da prestazione minore
come qualunque giovane attore.
eppure è continuo il teatro:
maschere come destini
s`incollano a uomini sminuiti
primitivi. a persone incarnate
da regole e lotte intestine
pargoli come pecore
cervelli in discarica
smartphone pc tablet
domotica e pubblicità regresso.
tornerei lì ma salterei
la seccatura d`imparare
per restarmene vivo
sfogliando il giornale
poco prima del tè delle cinque
col biscotto etero inzuppato.

sensitivi senili

quanti sensibili
hanno rotto vasi
al centro della stanza
in un giorno di piazza
con le mani in moto
come semidei dell`abbondanza.
quanti giorni inviolabili
hanno sovrascritto ore morte
con l`occhio sensitivo
di un`anima alla deriva:
i sensibili sono terribili
ammorbano i media
con la loro nenia
i loro principi
sono pietre scolpite
nell`aria che vola.

popcorn

quando ci darete infine
un bel divieto di vivere
nel rumore vacuo
del bravo cittadino
quando ci darete tregua
di vessazioni e divieto
(divieto di bere
divieto di fumare
divieto di pensare)
quando vi farete da parte
e svanirete nel nulla
che siete. quando
la verità sarà post?
quando la bellezza
sarà logora e bestiale
quando il lavoro
e lo studio non basteranno
a guadagnarsi il pane.
allora i demoni
saranno sulla terra
e nel cielo blatererà
un ordine inverso
una vita da non vivere.
e tu vorrai correre
e forse striscerai
e tu vorrai piangere
e riderai.

costruttori di prigioni

vi siete costruiti una prigione di lana merino
con la piscina olimpionica senza liquido
la cucina molecolare senza odore
il bagno pacchiano privo di senso.
avete i piedi sporchi e i calli nascosti
vi piace la mattanza e il sì signore.
non conosco molti umani:
alcuni fantasmi e dei parenti morti.
voi siete colpevoli di ritenzione di sentimento
e odio diffuso. vorrei clonarmi
falsificando l’obiezione alla serenità
e al colore rosso. il mio esaltatore di fuoco.
vorrei trasferirmi ai tropici
senza tramonti distopici.
amerei virare secco
al di là dello scoglio
oltre la lingua
che scolpisce il discorso.

paradiso futuro trapassato (vero o falso)

il cielo è una suola emaciata
che mi cade sulla testa
come un dono non gradito
e il lavoro è un diritto
il lavoro è nobile
ma schiatti a 70 anni
consulente esterno precario
avvelenato schiacciato
folgorato asfissiato

femmine contro maschi
maschi incinti
maschi con le mestruazioni
mille pronomi per due generi
per una guerra infinita
il sano è un malato asintomatico
è tutta colpa del patriarcato
la poesia è una merce
stai lontano dalla mascolinità tossica
il ciccione è obeso
il cieco è ipovedente
l´andicappato è inabile
l`invertito è il padre modello
l´utero si affitta
il corpo è mio ma a seconda
me lo gestisce una multinazionale
scopa come una troia e abortisci
non chiavare più stai a casa
a giocare con la play
il travestito è una donna
il fascismo è progressismo
la guerra è pace
la verità una bugia

i sindacati aiutano i lavoratori
i negri meglio dei bianchi
anche più intelligenti
obbligatorietà vaccinale
con reddito universale
il sesso un matrimonio temporaneo
senza figli e senza consapevolezza
perchè devi solo godere godere godere
endorfine sbarazzine ed acquistare
ma la proprietà privata non è un diritto
la proprietà privata (degli altri) è un furto
per ora è consentita
perchè nel 2030 non avrai nulla e sarai felice
la femmina oggi è maschio
domani non si sa
forse un cavallo o una scarpa

il maschio derelitto in affitto
un golem senza coglioni
troppa virilità azzoppa
l´accoglienza sfrenata
25% negri 25% donne 25% gialli 25% grassi 100% schiavi
i maestri propagano il gas ammorbante
della propaganda angloamericana
non ci sono più le mezze stagioni
il mare sommergerà Venezia
ogni stagione una dose
stai zitto e buono
la famiglia è una gabbia ed è fascista
ascolta musica di merda
lavoratori liquidi
oggi qui domani chissà

mangia semi ed insetti
i vegetariani salveranno un pianeta
che non è questo
ogni venti anni forse andremo su marte
a fare le vacanze
ma sulla luna ci siamo stati veramente
nel 1969 l´ha detto la tv
è green anche un lasciapassare
l´auto a pile salverà l´ambiente
l´occidente è il paradiso
il paradiso è lì
s’avvicina
ma può attendere.

drogato marcio

la mia droga è la strada
dietro casa tra auto vecchie
parcheggiate e uomini che urlano
la disperazione d´essere un cittadino
sotto pannelli solari fatti col petrolio
la mia droga sono le bici sostenibili da noleggio
scaraventate nel canale o dentro il bidone
dell´umido. e quelli che strabuzzano gli occhi
scrivono poesie green bio e s´affannano a non considerarmi
vivo. la mia droga non la spacciano i negri nel parchetto
non è una schiavitù come timbrare il biglietto
alle 8 del mattino freddo. non sono un intellettuale
non abbandono la nave. la nave è già affondata
con tutti gli schiavi dentro. non sono un sindacalista
neppure un avvocato. figuriamoci un politico.
vorrei soltanto starmene fermo immobile lento
mentre sorseggio un rosso biologico senza solfiti
scambiando parole futili con umani stabili.
è il mio sogno da drogato assuefatto
sono dipendente dalla gloria del niente.

spumeggiante

tramortiti e errabondi
ermetici e vagabondi
tu hai provato a scalfire
l´indifferenza vagante
su strade e tornanti
che non ritornano mai?
hai messo le mani avanti
come un sogno bello
che non ne vuol sapere
di risvegliarti? eppure
pare bello questo girarsi
addosso come il cane fa
con l´osso. eppure è sadico
quel mutare fermo.
quel girarrosto che sfiamma.
tutto fumo. tutto fumo.

amatevi e partite

l`apoteosi della vita
si compie nei corti raggi
con la costante che moltiplica
l´angolo giro come un girotondo:
casca il mondo cade il verso
per terra e mare è tutta poesia.
rime scontrose e baciate
umide concusse da critici stitici
e parolai che siedono in un parlamento
a 15000 schiaffi al mese. schifosi!
non avete abbastanza profumi
per rottamare il fetore.
né pizzini di scambio a 50 euro
nel sud dei sud dei santi.
tuttavia l´anima non è muffa
ancora: armatevi e partite
dissero. e noi partimmo
accecati come pornografi
da lussuriosa libertà
onanismi di barbaro popolino.

passo dopo passo



ho passeggiato
ed ho visto la vita
coi suoi colori
la primavera
col suo furore
le forme silenti.
sono stato solo
molto tempo
distanza di sicurezza
tra il fatto e il disfatto
la meta ed il percorso
e lo sguardo lo sa:
si divincola ancora
come una bestia ferita
tra i condomini sfitti
i capannoni d´operai.
crepitii degli infiniti
fine settimana agostani.

clandestino dalla nascita

ce l`abbiamo fatta
abbiamo il ghigno semplice
dell`arrivato che salta e cade
ma sempre in piedi
con le scarpe dei bambini
dell`Indocina che s´avvicina
sempre più come una mancata
promessa o un gioco di plastica
con la vernice tossica.
ce l`abbiamo fatta
abbiamo un lavoro sterile
per otto ore stirate
come gomma liquida
e sorsi di batteria acida.
mi duole il dente ora
con una sole intimidito
il cancello automatico che striscia
accarezzato dalla tv accesa
come un lume dell´ `800
il giudizio degli altri no
ho sempre corso in solitaria
e ho tenuto le mie mani
nelle mani di pochissimi altri
scappati di casa
illusi e quadrati della vita
limati e sagomati.
ce l`abbiamo fatta
non possiamo entrare più
nelle ztl e li votiamo pure
soddisfatti e ingenui
come le foche mirate
dall’orca assassina
quanta fame che ha
quanta indifferenza.

ancora e ancora e ancora sulla poesia

la poesia alta è una spaccata grossa
alla gioielleria grassa dietro l`angolo
con uno spiccato senso dell`umorismo
e una dose qb di realismo spicciolo.
esteti dei fine settimana diranno
che la poesia si intarsia dolcemente
su legno di balsa come un pensiero
in latrina alle sette di mattina senza
che lo sforzo faccia da protagonista
in vetrina. è che il sole è un antiquario
che prende versi a caso estinguersi
nella luce. la poesia alta è finita in altura
la poesia alta è la congiura dei poteri forti
oggi è l´illusione di vincere al lotto.

mistero buffo

ora tutto io non ti so spiegare
quando la città ti si rivolge contro
ferita a vita come un animale
quanto è buono il formaggio con le pere
quanto la sera si chiude in se stessa
come un paguro sifilitico
ora tutto io non ti so dire
se queste parole sono comandamento
e il sole e le stelle fanno parte
del cesto di dio o sono il premio
di un gioco scuro. un gioco
che scava e si scuote come un pesce
senz´acqua. l`ossigeno
è la nostra birra analcolica
dal profondo d´organo.

raggio di luce

non ci doveva essere la poesia
ma il piano e la sinfonia.
prendevo i cinque righi
e mi prostravo alla creazione
come un sinfonista illuminato
alla prima colazione. una tastiera
e un flauto. la musica
non è poi deceduta
s´è infilata negli spalti
a piedi nudi coi tappi
inseguendo l´ispirazione
coi guanti.
poi pian piano
sono cresciute le parole
sempre per necessità
come una proiezione
per un cinefilo arrovellato
un palato fino ma non esaltato.
riempivo delle ore
depuravo le paure:
timore di non segnare
d`essere scavalcato dall`onda
come un conchiglia di paguro
restando nell`ombra.
l`ombra statica della sala
col pubblico evaso
dalla prigione estatica
del contare qualcosa.

trapassati remoti

genitori diventano foto d`appendere
mobili bianchi che ingialliscono
sulla parete con la vernice ad acqua
che si stacca come pelle di serpente.
quando se ne vanno lanci i dadi
pensi al prossimo: sei un giocatore
consapevole o arrendevole o dislessico
sei quel che sei e ti piacciono i dolci
stando sul divano aspettando notti
che scivolano come palline di un flipper
anoressiche. onore al vero. onore
alla polvere e alle parole non dette.
ode maschia alle stagioni morte.
ti ricordi le pacche sulle spalle
e i lunghi pomeriggi agostani
quando sentivi niente o tutto
e se cadevi con la bici non frignavi.

sonnolento lento

oggi non ho sonno
mi guardo attorno
e mi vedo contorno.
giro per le vie col mare
da una parte e la città
dall`altra coi nuovi catafalchi urbani
di cemento acciaio e cristallo
prigioni dorate di grigio e tangenti.
i politici non sono per la gente
nè per i bambini: per 50 euro
vogliono i voti. poi con quelli
ci fanno i mostri col sorriso bestiale
di chi non vede e non sente.
l´eldorado democratica
del modello inestinguibile.

carne di tutte le carni

cerchiamo tutti di lasciarci alle spalle
un solco una strada. eppure l`asfalto
ed il cemento duro non si affronta
i nostri visi severi e impassibili
non tradiscono emozione:
scalpelli duri per affrontare
la catena della macchina.
un popolo creativo fatto di delatori
piccoli kapò col capo cosparso di sale
forse per avanzamento di carriera
trascurando umanità e proclami di nani
o un monolocale un po` più grande
col cellulare integrato alla propaganda.
i santi sono scienziati pazzi
i marinai hanno smarrito moglie e bussola
i poeti sono discreti: li dimenticheresti in fretta.

che gioia e che sollazzo

il comune senso del pudore
non è più sudore
è l`amore ancora
per una carne in calore?
il colore di una giostra
che pettina peli pubici
in un attico di salario?
in una rendita smisurata
per ciechi con la Ferrari?
il comune sesso del pudore
è una giornata seria
col cane al parco
dimenticarsi di essere sani
fornicar alle spalle del prete
appender le stelle
all`attaccapanni del futuro anteriore.
oppure era una gioia
di una storia passata
quando carrozze green
defecavano davanti
alla villa del padrone.

erano carini

a forza d´iniettarsi
alieni stati di decomposizione
i cittadini sono irrisolti
boli onnivori: cagano
ciò che mangiano
sudano ciò che pisciano.
o versavice.
il danno è fatto
il circolo si chiude
l`ennesima eclissi di solitudine
davanti ad una platea che applaude.
eravate così carini
da piccoli. eravate
pulcini arrendevoli
ora carne per macellai
altolocati. la sfera si chiude
nel quadro che cerchia.

dottore oggi non prendo la pillola

quanto mi piace la sera
tutto è già stato fatto
scritto e digerito
le posture spiaggiate
le forze calanti
il buio che riscalda
tutto in una stanza
col bicchiere mezzo pieno
assetati d`affetto.
quel che è stato è stato
domani è un altro giorno
ci sarà da soffrire
con le unghie e i denti
oppure una nuova infanzia
da respirare come aria buona
un dolce al cucchiaio.
la guerra scalpita
il soldato recide il cordone.
mi piace la sera
perchè senza sudore.

sera flaccida

la sera flaccida plana
come una figura lontana
i bambini al parco han fatto faville
urla tuoni e scintille
ora si ritirano sconfitti dal sole
nelle loro famiglie non scelte:
un padre lavoratore
una madre lavoratrice
si vedono poco e male
d`altra parte le tasche buche
non fanno cena
neppure un durevole
amore. la coppia scoppia
l`amore s`ammolla
l`erotismo si scolla
il lavoro è un pallone
che s`alza pian piano
quel cielo è lontano
l´azzurro si stacca
come vecchia vernice.

elettrocardiogramma

il recinto che ci cuciamo addosso
non ha abbastanza spazio
né i limiti paiono nostri
ogni piolo è un indecente spasmo
tu vibri ma non emetti suono
né per simpatia né per empatia.
ogni tanto parlo solo al vento
come un uccello o una cicala
ma non ho grazia. il nobile
tentativo è un impulso
mano che s`allontana dal guano
quel grumo di sangue
che è già vita:
elettrocardiogramma
sei comunque
il mio canto
anche se afono.

prima del tramonto

quando vi leggo
a quei pochi di voi
della stessa razza
mi capita qualcosa dentro
come un petardo o un germoglio
che si fa strada nel bitume di strada
tra il bidone imploso e puzzolente
e la cartomante folle che ti legge la mano
ed il portafogli vuoto. per lo stato siamo ricchi
eppure non abbiamo più nulla
le foto dei padri e dei nonni
nel mobile vecchi ereditato:
piccoli adoratori di miniature di famiglia
tra i tacchi da troia della vicina
e il clandestino col cappello della nike.
è allora che la mia rivoluzione ribolle
conquisto il centro con la freccetta
mi scolo una birra e faccio la battuta giusta
che fa ridere di gusto l`amico sciocco
che è già andato via prima del pranzo.

struggenti manovre

la noia è una risacca mobile
che posteggiatori criminali
spostano dal giorno alla notte
come una carovana che non muore
ha la coda di una cometa
ma senza luce. immobile
il suo viso da nosferatu
cresce in un pallone aerostatico
e fluttua. come un horror di serie b
nella notte estiva che suda
come la abat-jour con la lampada
che brucia. improvvisamente.
non avevi detto niente
ma c`era rumore.

presente assente

si parlava di un poeta
nato per rubare rose
ma qui di fiori non ce ne sono
o sono di plastica come al campo santo
con la polvere sopra e coi colori andati
qui non si ruba: è tutto sotto controllo
un testamento di video anche notturni
ed è filo d´acciaio pinzette e martello
sabbia e bitume. mattoni e lamiera
cemento e vetronite. saldatura
e taglio. il mondo nuovo è già vecchio.
scrivo dal confine dove le parole
non ti fanno santo ma nemmeno delinquente.
pensare di fare qualcosa anche contronatura
sarebbe un picco di gioia indistruttibile
una scalinata metallica fata di corsa
prima di una cura al dolorante morale.
con le rose ci faremo un`assenza
in una ampolla di vetro col nastrino blu
le mie impronte sopra e basta così.

rivoluzione francese

mi avete decapitato
al posto della testa
una infinita serie di non detto
non fatto non pensato
e senza testa il corpo muore
non è più carne nè idea
deambula come fanteria.
al posto degli occhi
due telecamere
al posto delle orecchie
due antenne
al posto del pensiero
un codice wireless:
la sorgente è sorda e cieca
i figli clonati.
è così che si riscrive il mondo
si cancella il testimone
si rifonda la realtà
nel virtuale.
tutto ciò che sai
è falò di vanità.

Newton

sono caduto dal centesimo piano
ho la testa ammaccata
vorrei svanire e poi risorgere
dalla cenere della città barbara
e bruciata. ho tanti sogni nel cassetto
ma così poca voglia d`apparire
eterno. così poca voglia d`essere
una folata di vento tra angoli
di cemento spaccato
tra il negozio bangla
e la parrucchiera cinese
che fa anche massaggi romantici
unghie lucide e curate. un mulinello
che non contempla l`eterno.
una biella senza pistone.
un esploratore dei pozzi neri.
il post senza pre.

CO2

mi compiaccio del rumore temporaneo
dell`aeroplano planante e mi dispiaccio
spiaggiato sul divano del silenzio prefestivo
subito dopo. accorcio i secondi come gocce
d`acqua sula pietra ma io non sono ardesia
sono un piatto di tortelli con la panna
una felpa scolorita dalla candeggina
ed un cumulo di desideri eccitati e sfranti.
era tanto che non mi scavavo dentro
per non trovare che poco o niente
e come un pesce che si ciba di reti
plastica e lattine sono satollo:
la natura è oramai un mondo costruito
con l`arroganza e l`indifferenza.
eppure il silenzio è d`oro
ed il passero mi dice
che uno più uno dà due.

alcuni

alcuni poeti
s`innamorano della strada
cantano col sudicio
e vengono col nero:
solo un amore a pagamento
dà tanto vigore nell’atto
del foglio scritto penetrato.
alcuni poeti sono operai
che la notte non dormono
per paura di non viversi abbastanza
rimescolando acqua sporca
col dito di oro e canditi.
alcuni hanno amori terrestri
ma le idee elevano la luce
non solo ad abbaglio.
amate i poeti
perchè loro non lo fanno
e paiono alberi morti
in fondo al prato
dove c`è il muro alto
del mondo.

spazzati

in un lampo son diventato birra
colo libero sulla tavola imbandita
e medito infantilmente col Bacco
sul da farsi per non sfasciarsi
nell’azione subitanea ed incastrata
nella circonvenzione d’incapace:
ci vogliono tutti uguali d`argilla
così alla prima guerra saremo spazzati via
dai nuovi luminari della democrazia
da nuovi e sempre più vecchi eletti
sempre meno cittadini significanti.
eppure secoli di storie sono liquidati
sotto ai ponti. eppure si muovono
per non apparire defunti. e lo sguardo
si fa più esente perchè il cristallino
si fa obsolescente: s`opacizza
per età e malattia. e così
che visione calando
pare di divertirsi di più
con qualche diottria in meno
comprendersi nella foschia
che minaccia e corregge.
istiga e seduce.

abbasso il patriarcato

ogni sera preparo la cena
le donne non cucinano più
come una volta. le donne
sono diventate uomini senza gonna
ogni sera preparo la cena
e a volte non ce la faccio
mi viene la nausea come in barca
giocando a scacchi: pensare ogni giorno
è un lavoro noioso come può esserlo
solo un lavoro mentre chiacchieri solo
con lo schermo del pc acceso dalle otto
che non va mai in standby.
metto insieme gli ingredienti
che finiranno tra i denti
con un misto di sadismo
ed interventismo: viva il grasso
abbasso il patriarcato!

miracolo

la giumenta di tutti i cuori
messi in fila al mattatoio
io credo ad ogni miracolo dato
ma la scatola del sangue geme
rafforza le pene e i vicoli ciechi
dicevo che la giumenta saprebbe
come tirar fuori dalle spine
dalle turpi ramificazioni
dalle quintalate di volgari
esercitazioni sotto banco
se sapesse il significato
di una mattina con l´epocale
avvenimento incontrastato
ora legale ora solare ora astrale
di una giornata zoppa
una notte deviata
di certe luci prima della sera
di silenzi condominiali
del crepitio delle lamiere
a mezzogiorno ed il gatto miagola
e poi piscia con eleganza
su una strada asciutta.

paura?

e non sarà paura
se il mostro lo terrai sotto
una nebbia d`amore
e una fetta di cervello.
chissà quante feste andate male
avrai saltato con la corda
ma ricorda i piccoli segnali:
quelli che come fantasmi
muovono tende e sedie
in case di porcellana
scricchiolanti. esigi
un contratto non troppo
rigido: clausole strette ai polsi
hanno rovinato anche i geni.
non opporti alla corrente
non alla gioia e non al dolore:
sarà una strana marea
che ti accarezza i fianchi
ti strappa i capelli
(già pochi)
un colpo al cerchio
uno alla botte.

regalo

d`estate ho regalato gli occhi
all`acqua o ad una sua idea umida
dipinta su un quadro iperrealista
in inverno invece ho chiuso i pori
come fossi un budello da riempire
di grasso e carne davanti a cervelli
affamati di proteine e poco umorismo.
oggi mi dichiaro impotente per gli altri
e li lascio smaltirsi tra i marciapiedi
e le torre gemelle che furono. oggi
mi accontento dell`assenza di sudore
dell`aria vispa che surfa su un mare
di diesel e fumi di saldatura.
per questo ho mantenuto un´andatura
no stress per una vita piana senza attrito.
non precipitare di nuovo dalle palpebre
per un`abbaglio.

non per vezzo

io so che la gente odia intensamente
che non ama con la stessa forza
tutto disprezza dalla testa ai piedi
dalla a alla zeta dall`alfa all`omega
fino alle stelle supergiganti
che lanciano messaggi di luce
dall`infinita postura del nulla.
il miracolo sarebbe la conversione
di un qualsiasi livore in linfa
scorrevole come melassa
che diviene rhum agricolo.
oppure in una luce non fioca
che raggranella l´elica del dna
e formula la regola di una gioia.
vorrei perdermi in quei sensi
obliqui d`ubriaco. non per vezzo:
per esercizio di stile.
per momentanea lucidità.

ho piantato una rosa

un altra fabbrica mi ha trovato
e di me ha fatto un sol boccone
io questi non li conosco mica
però d`ora in poi saranno la mia famiglia
li vedrò al mattino con i visi gonfi
e le occhiaie e la sera sgonfi come palloncini.
ora sono le 9 e non sono ancora sveglio
avrei qualcosa da fare di meglio:
allungare i secondi in versi
e tollerare la pasta scotta.

non faccio la differenziata

la strada bagnata
è lo scroscio piovano
di un mondo al tramonto
che va sempre più piano:
ossa dinoccolate sembrano
esperte elucubrazioni
di filosofi sociologi e paleontologi
tutti assieme appassionatamente
a farti la festa appena uscito
dalla fabbrichetta
con gli occhi ammansiti
dal tempo buttato.
ed io che sono scheletro
ma pure grasso coi nervi
e qualche muscolo di formaggio
mi metto di traverso
non faccio la differenziata
sulle strisce non attraverso.

indifeso

questa sera lasca e sfibrata
è arrivato prima il postino di te
nel buio impiallacciato di led
il rombo grave dei motori a combustione
coi libri di poesia ben imballati e la luce calante
del vespro della città esaltata. sei stata tutto il dì
lontana dalla tana a legar l`asino docile dove vuole
il padrone. a vender l´illusione che prima o poi
si potrà smettere di comprare. di desiderare.
e lì se avessi avuto un drone
avrei voluto esplorare una campagna
o una spiaggia mite dove far il padre
senza il fiato corto. coi muscoli ben allacciati
al cervello e lo spaccio di una felicità
dietro l´angolo ottuso. abuso di gioia
è stato il mio indifeso delinquere.

consapevolmente

consapevole dei rapporti di forza
cresco in un nido periferico
di cemento brutale
coi pozzi artesiani di Jameson
lontano dagli occhi di sangue
dai predatori televisivi
dai grandi imbonitori
dalla massa che canta e balla
a qualche metro dall`iceberg.
ho visto casalinghe di Voghera
urlare dai balconi coi visi deformi
di kapò e lontani parenti
farsi silenzio anche nella morte.
contiamo giusto il tempo
di un lampo all’alba
nel cielo blasfemo di una preghiera
prima dei brontolii dello stomaco
prima della sveglia tumefatta
da un qualsiasi brutto lavoro.
le auto si sprecano al tramonto
mentre urliamo le nostre identità
un attimo prima d’essere digitalizzati
e sfaldarci nel jitter terminale.

femministe

per fortuna non sei femminista
e non t’attacchi alle liane
di un albero che ci vuole estinti
per fortuna che sei donna
senza malintesi e trucchi vilipesi
tra sguardi d’orchi che ci vogliono
separati in monolocali periferici
e gastroenterici. ci vorrebbero
bignami per ogni passo
per ogni colpo di pennello
ma la vita è una sequela impazzita
di brutte canzoni d’amore
e vasi di coccio sbeccati.

il poeta parla al vuoto

parla ai vivi il poeta
ai fiori al gatto ed al topo al saldatore
all’incudine ed un tempo al martello
al passero e alla somma delle scommesse
alle corse dei cavalli e al padrone di casa
che ogni stramaledetto 10 del mese
vuole troppa fresca. il poeta non si scompone
nemmeno quando non ha troppo ragione
il poeta lunatico o no parla ai vivi
che a volte sembrano già morti
coi loro suv e le puttane nei pied-à-terre
coi loro sogni nel cassetto che sono diventati
i loro cassetti con l’antitarme. non so
se sono più silenziosi i vivi o i morti
i vivi decelerati contro il guardrail delle vite
da cartolina o i morti alle diciassette
mentre finisce il turno infernale.
il poeta sfiora la morte periodicamente
come una voce di soprano
dopo quarant’anni di carriera
con l’ugola devastata da Puccini
e Wagner ogni sabato sera alla Scala.
la morte ha il suo fascino terminale
ma deve accadere quando i fiori
e gli steli sono già fuori dalle orbite
e la vita continua anche dopo
aver fatto il bucato e stretto le chiappe
nell’ultimo tornante in fondo
dove il sole si prende una vacanza
e s`impugna il senso come logora bandiera.

ri svegliati

ci siamo svegliati tardi
con l`acqua alla gola
ed i polsi tagliati da latitanti:
tutto il tempo trascorso
nel soccorso di figuranti
alcuni diventati alberi
con tronchi possenti
radici che tolgono il respiro
da gran che sono decisive
incisive nelle terre sconosciute
insalubri e paludose.
ogni tentativo è gioia
allunaggio nelle terre rare
che intingono il pennello
in un frammento d`eterno.

fui

fui bambino sotto questo sole
genuino e benedetto dopo
la cupezza oleosa di marzo
giorni di scrosci a rallentatore
d´umido salmodiare di nubi.
rinato ogni primavera e rinato
per dubbio e il dito rigiro
nella piaga come un vivente
qualsiasi ed inquieto: non voglio
certezze malmenate con accette
non credo più alla verità soffiata
fragile come il vetro d`artigiano
dai guardiani dell´impero.
sono battello che ondeggia
sulla superficie di metallo
sono libero nelle altezze
e nel basso ventre dei giorni.
non venitemi a raccontare
che non sono niente.

tollerante

tollero il tempo che passa
e lui non m’osserva neanche
alito felpato che delimita
e offende. eppure la strada
consola anche e ritarda
nei suoi tornanti e inviluppi
storna e difende l’attenzione
al dettaglio e l`accento
dell`iniziativa: quanto colore
sulla ruggine e fantasmi
che sgambettano. è che
non è facile il respiro in corsa
ed il gozzo s`impenna
non solo per parola.

l`esatto momento

non vedo bellezza
fuori alla finestra
vedo muri umidi
ed il gatto malconcio
di lotta e periferia
ma anche in fiore
l`albicocco
i boccioli vitali
sulla corteccia aspra
arrampicati
tegole di case occupate.
anche inerpicato
e come la pupa fisso:
il bruco osserva
e si ciba. vola
farfalla di grazia
sulle fabbriche dismesse.

ciclo

domenica è sgorgata lenta
tra latte e un sole accecante
alle dieci con i pensieri rasati
in parte della sera ed in parte
improvvisati e leggeri come elio
battenti bandiera pirati.
è trascorsa in filamenti
come sentieri di campagna
canne e lago. terminata
coi lampioni accesi
e le nuvole. cielo coperto
ammansito dall’ego
dall`esperienza. è un ciclo.

terra ostile

e mi farò minuscolo
come una particella
una formica schiva
una seme alla deriva.
piccolo e silenzioso
per quelli che straparlano
silenzioso per quelli che imprecano
e tutto vedono nel silicio
nel materialismo disumano
degli schiavi opachi.
più vicino è il pericolo
più la reazione è alba.

la guerra che sarà

ci vogliono in guerra
ma io guardo l`erba
e nella mia stanza
ascolto Mozart
e credo nell`uomo
che dipinge e compone.
mio figlio è leggero
e limpido come aria.
il giardino è curato
attende primavera.
la mia mente
è un equilibrista
tra due punti
che non vedo.
in realtà li vedo
è che li tengo per me.
ci vogliono in guerra
ma io sono un giardino
una sinfonia. un quadro.

poesia di circostanza

oggi il cielo grigio
non reclama e la lama
del tempo sega a strappi
non taglia. tutto fermo
nel fotogramma d’inerzia
tutto statico come un quadro
astratto. figuriamoci
chi non usa pennello
ma accetta. figuriamoci
la chiave inglese e il filetto spanato
la saldatura e l`olio emulsionato.
figuriamoci quando
nell’aver troppo tempo
non si sa che farsene: né cielo
né terra. e né lo straccio
di silenzio guerriero.

filo e fondo

dimentico che tra me ed il sole
non ci sono fili. il mattino
sa di pasta sfogliata
burro e margarina
ha l´oro in bocca ma non luccica.
ho dolore alla mascella
non posso sbadigliare.
ho fatto colazione
nella calma irreale
della lavatrice che gira
e rigira. il tempo è un gioco sadico
gli scacchi interpretano
ma rotolano: la base
è inclinata. la narrazione
ci tiene in piedi
come marionette vessate
abituate all’ingorgo dell’egocentrico
sotto la tensione superficiale s’annega.
oppure è solo percezione distorta
come in estate il caldo torrido
mentre il sole è un inferno etico.

massa critica

la casa è il ricordo di bene
la massa critica che non collassa
intonaco di forza e grazia
crepe le tane del geco.
nelle cantine i fumi del vino
io sono un po` ricordo
e poema del vero.
fondamento e architrave:
eppure le finestre spalancate
come la bocca che canta.

quando quando

quando non scrivo
cucino il pranzo
quando non scrivo
osservo il pettirosso
portarsi via le briciole
col becco minuscolo
minuteria efficace
perfetta meccanica.
quando non scrivo
vivo di passi piccoli
uno alla volta
come fa l`orologiaio.
poi suona il tempo
accade l`imprevisto
ungo la padella
sfioro il volume
e faccio cantare lo stereo
che capovolge la giornata
scendono gli angeli
Mahler spazza via le nuvole.
quando non scrivo
conto i secondi
da quando ho smesso
a quando ho ricominciato.
lo faccio per me
per tutti quegl`istanti
che non vuoi s`allontanino
e svaniscano per sempre
ghiaccio di surgelatore.

osso del vero

le parole si macchiamo di vuoto
denti sbeccati d’incallito fumatore
se cerchi un significato come la pressa
con la latta e se ricominci sempre
da dove non hai iniziato.
le curve ripide sgranano l’intelligenza
l’occhio non vede e non duole.
a parte tutto alla fine dell’esame
nessun allievo e professore
possono aggiungere l’illuminazione
tutto è scritto per divenire acciaio:
forse trovando la giusta lama
puoi scalfirlo sino all’osso del vero.

nullafacente

me ne sto qui nullafacente
con una tazza di caffè colombiano
ad infilare un pensiero ameno dopo l´altro
spiedino sul fuoco che va a spegnersi
mentre tu regali il tuo tempo al padrone
io faccio un giro in barca e prendo la mongolfiera
fantastico sul potenziale futuro allunaggio
ti guardo dall´alto. occhi lucidi di pietrisco.
prego e inveisco: la libertà è questo ansioso specchietto
per le allodole che bruciano nella luce intensa
e acuminata di un lampione di periferia.

cuoco

cuocio due uova
nell´acqua calda
e non penso a te.
guardo fuori
dalla finestra
e non penso a te.
mi sono svegliato
stamattina e non ho
pensato a te. la poesia
puzza di stantio
se non t´accompagna
tutto il giorno
sorella gemella
scuoce come le uova
il fuori non diventa dentro
e il mattino s`addormenta
nella posizione errata.
creo teorie per il meglio
e poi tra il dire e il fare…
accompagno il vento
stringo l`acqua
abbraccio pensieri.

una marea

quando sei sparita dai radar
(nessun smartphone ha subito violenze
nessuna smielata conversione
nessun vetro rotto)
ormai da tempo terreno incolto
mi son fatto una marea di seghe.
una frequentazione è tale
se prima o poi ti puoi distrarre
se lo decidi tu naturalmente
quando apparire e sparire.
il per sempre è una novella
il per sempre è una orazione flebile
il per sempre pare romanticheria di rigattiere
eppure tutto muta ed il saldo energetico
é e resta intero: tutto si distrugge
ma tutto torna in forme nuove
meno involute e più vitali
animali in cerca di tana.
negli anni poi osservi a ritroso
ed al massimo divieni un po` scontroso
eventualmente più indifferente
o totalmente differente.

giornata

hanno fatto giornata
gli operai: giovani uomini
stavano appesi e sulla scala
come frutti d’alberi di rame.
sotto la pioggia fine e la nebbia.
sono maledetti eroi
con gli utensili caldi
sono inconsapevoli
come mandrie di camminanti
curioso li osservo e ricordo:
anch’io speravo nelle diciassette
come loro. ora faccio finta
d’esser pensionato. ora
sono il tempo mio
e la famiglia dalla colazione
fin sotto le coperte: uomo
padre creatore
e dio.

la la la poesia

la poesia è una sorta di scortesia
che non andrebbe più donata
quanta poesia sparata e gettata
giù da palazzi vecchi o avvelenata
coi barbiturici della scienza
e della tecnologia. ho scambiato
una frazione di vita per una pila di versi
scendevo in strada ad urlare
a sussurrare poi con la mano
dell’operaio e il viso del bambino.
ma l’uomo è così educato e solo
che si circonda di cani e televisione
e polveri per aprirsi porte sempre chiuse
non vuole la bocca larga della poesia
non vuole la “cura ludovico” della parola
non vuole aprir bocca quando tutti sono silenzio.

cambio

laggiù si vede il sole
tra le case ristrutturate
e le nuvole scariche
la città cade nella sera.
e gli innamorati amano
gli operai riposano
i vecchi passeggiano
ed il tempo passa.
io ti vedo tempo
con le braccia conserte
sulla riva del fiume
quanto acume
e opposta la marea
del mare in inverno
tutta la vita
tutta la pace

chi siamo?

mi rendo conto
che non siamo pronti
né alla pace né alla guerra
e la cultura non aiuta
non servono i libri
servono per l’ego e le stufe
e chi racconta la storia
lo fa quasi sempre deformando
ed alimentando altra guerra
e le nazioni aumentano
e la sete di sangue
e gli ismi sembrano
scomparsi nei gusci
come lumache
e poi risorgono
sotto funghi d’esplosione
io l’ho detto e lo penso
non siamo mai pronti
ad una bella giornata di sole
al cielo azzurro
ad una splendida
alba

telecamera

io e te alla finestra
osserviamo la nuova telecamera
dei vicini all’opera seguire il postino
col suo rilevatore. l`intensa luce notturna.
pochi giorni fa qualcuno è entrato
nella casa e s’è portato via qualcosa.
a volte anche io ho paura
ma poi penso a mia nonna sola
abitava qui e mi conforta.
i vicini sono qui da poco.
noi da quasi 15 anni. io da più.
la mia pancia borbotta
sarà il latte caldo col malto.
stamattina la nebbia si era caricata dei sogni.
la giornata di sole è una radiografia
a cuore aperto. mi guardo The Parallax View
(il cinema anni `70 è il migliore)
e fuori vedo il pettirosso: cinguetta
cerca del cibo. ho sbriciolato
dei crackers in un vaso arancione.
ho riempito il sottovaso
d`acqua pulita. domani tornerà.
ci sarà ancora la nebbia. poi il sole.